L’ombelico del gruppo. Luciano Spalletti è proprio così. Si è messo al centro del Napoli e ha iniziato a farsi ruotare tutto attorno. E allora il sistema solare azzurro è diventato Spalletticentrico, con un’unica stella fissa circondata da decine di motori mobili.
Il motto dei moschettieri era «Uno per tutti», ma Luciano lo ha saputo declinare al completo ovvero aggiungendo anche «Tutti per uno», ovvero per lui. In estate ha iniziato un lavoro profondo poter scavare nella mente e nei cuori dei suoi ragazzi trasmettendo dei valori che prima d’ora non erano mai riusciti a fare breccia nelle loro anime. Ha fatto capire che il valore del gruppo, dell’unione e della coesione possono essere molto più rilevanti di dribbling e giocate personali. Ecco perché lo spogliatoio del Napoli è diventata una grande famiglia che va in gita al parco giochi. Si divertono tutti. E divertirsi nel mondo di Luciano è sinonimo di vittorie. Dopo i tre punti sul campo della Cremonese ha speso parole di elogio per tutti. «Vorrei dare più spazio a Simeone», ha detto. Raccontando di un ragazzo speciale che sa vivere di entusiasmi come nessuno. L’allenatore se lo coccola e sa che con il contributo di questo ragazzo argentino il suo Napoli può davvero spiccare il volo. Il Cholito era arrivato in azzurro con la consapevolezza di dover fare la riserva di Osimhen, ma anche quando Raspadori lo ha scavalcato nelle gerarchie dell’attacco non si è abbattuto, anzi. Merito di Spalletti che ha saputo toccare le corde giuste per fargli capire l’importanza del suo apporto anche solo in 30-35 minuti nei finali di gara. Detto, fatto: perché ogni volta che Simeone entra, segna o è comunque decisivo.
Poi la carezza (in un pugno) a Kvara, che è forse l’uomo sul quale Spalletti batte più di tutti. È un martello che picchia sul georgiano. Perché Luciano ne ha visti tanti di ragazzi con quelle qualità, con quei piedi che da soli potrebbero sollevare il mondo, ma se sprovvisti di personalità e mentalità vincente rischiano di finire nel dimenticatoio. E allora un po’ lo coccola e un po’ lo bastona. Durante la partita lo chiama e lo richiama. In allenamento lo punzecchia e anche domenica sera dopo la vittoria gli ha lanciato l’ennesima stoccata, seppur con il sorriso. «Deve capire che questo assist vale come un gol», per fargli arrivare il messaggio che giocare con la squadra è più importante di giocare per se stessi. Kvara a 21 anni e una carriera in rampa di lancio. Il rischio di rimanere in fase di stallo è alto e Luciano vuole fare di tutto per impedire che accada. Durante gli allenamenti lo studia in ogni dettaglio e in partita lo segue sempre con lo sguardo. A inizio stagione gli concedeva un’ora, poi lo richiamava in panchina. Per fargli capire l’importanza del gruppo e della squadra.
Ecco cosa ha trasmesso Spalletti: il senso dell’unità. Si parte tutti dalla stessa posizione. Non ci sono titolarissimi e non ci sono intoccabili. L’unico a dettare le gerarchie è il campo e ogni occasione può essere quella giusta per dimostrare il proprio valore. «Questi ragazzi non si lamentano pensando ai minuti trascorsi in panchina», il senso delle parole di Luciano non avrebbe bisogno di traduzione. Perché il messaggio è chiarissimo: tutti vivono le loro chance come quelle giuste per fare il massimo. Insomma, con la formula della felicità ha portato il sorriso nello spogliatoio e messo alla porta gli inutili musi lunghi. D’altra parte questa è davvero la sua squadra. La rivoluzione d’estate ha portato una ventata di freschezza che ha consentito all’allenatore di poter mettere le proprie mani su un organico quai del tutto nuovo.
Ha dato fiducia a Meret (che aveva già la valigia pronta), ha consegnato a Lobotka le chiavi della squadra e ha reso Di Lorenzo e Mario Rui i leader dello spogliatoio. I due terzini rappresentano la vecchia guardia del Napoli, ma gestiscono la loro leadership con maturità e attenzione, proprio come si aspettava l’allenatore. Mario è il leader emotivo, Giovanni quello saggio e insieme infondono sicurezza nei compagni. Anche con loro Spalletti ha fatto il lavoro giusto portando in campo le sue idee e la sua voglia di concentrazione continua. Perché una cosa è certa: tutto ruota attorno all’allenatore. L’ombelico di un gruppo che finalmente ha trovato la ricetta della felicità.