(Italiano) Napoli-Inter, è sfida scudetto dopo più di un quarto di secolo


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Eccola. Risale. È l’Inter di Spalletti. Da sei anni scomparsa sui radar della nobiltà calcistica nazionale, dopo il secondo posto del 2011, avvitandosi in una crisi senza precedenti, la squadra milanese dei bauscia (sbruffoni, nel dialetto brianzolo) sembra avere ripreso quota e, in questo sabato qualunque, un sabato italiano, il peggio sembra essere passato (come Sergio Caputo accompagnerebbe la rinascita della formazione nerazzurra). L’Inter è seconda in classifica a due punti dal Napoli e stasera viene a giocare al San Paolo con ambizioni di primato.

Colpita da improvviso benessere cinese grazie ai 600 milioni pompati dal Gruppo Suning di Nanchino, società con 1600 negozi sparsi nel celeste impero per la vendita di elettrodomestici e materiale elettronico, l’Inter respira e si rilancia. Si è liberata di un po’ di zavorra (Kondogbia, Banega, Murillo, Medel), ha preso tre difensori (Skriniar, Dalbert, Cancelo) e due centrocampisti (Borja Valero e Vecino), spendendo 47 milioni ma incassandone 68 per tenersi in riga col fair play finanziario, ed ora issa stendardi al vento.

Il portabandiera della nuova armata nerazzurra è Luciano Spalletti, 58 anni, uomo Coppertone, abbronzato sin dentro l’anima, fiorentino di Certaldo, ex capitale estiva del Pd. Contratto biennale a 4 milioni l’anno per rilanciare il club appassito dopo le stagioni dei cinque scudetti dal 2006 al 2010. Spalletti è il vero asso nella manica di Zhang Jindong, il presidente della Suning con questo nome da campanello cinese. È il tecnico che deve trasformare una squadra di esagitati individualisti in un complesso equilibrato e produttivo, protetto da una buona difesa, in volo con due ali perforanti e lanciato in gol da Mauro Icardi.

L’Inter è stata sempre una formazione bislacca con periodi di splendore (gli anni di Angelo Moratti ed Helenio Herrera, poi quelli di Massimo Moratti con Mancini e Mourinho), intervallati da stagioni di brillanti delusioni. Fondata nel 1908 da un pittore poco leghista, Giorgio Muggiani, che la chiamò Internazionale «perché noi siamo fratelli del mondo». Spalletti ha chiuso il ciclo degli allenatori perduti senza collare, Benitez, Leonardo, Gasperini, Ranieri, Stramaccioni, Mazzarri, Mancini in futile ritorno, De Boer, Vecchi e Pioli che negli ultimi otto anni si sono dannati per venire a capo di una squadra ingarbugliata ingarbugliandola a loro volta.

Napoli-Inter al vertice della classifica, nel momentaneo allontanamento della Juventus di Allegri (Ambra Angiolini ciccì coccò), ha un solo concreto precedente a campi invertiti e nel bel mezzo del girone di ritorno. È l’Inter-Napoli del 21 marzo 1971 a San Siro tra la squadra di Invernizzi con Facchetti, Burgnich, Jair, Mazzola e Corso, che avevano fatto grande la squadra di Helenio, e il Napoli di Beppone Chiappella, al terzo anno sulla panchina azzurra, con Zoff, Ripari, Pogliana, Zurlini, Panzanato, Bianchi, Sormani, Juliano, Altafini, Improta, centravanti il siciliano di Marsala Gaspare Umile che, nel Napoli, lasciò il segno di un gran gol, destro al volo, contro la Lazio.

Situazione in classifica prima del match: Milan 32, Inter 31, Napoli 29. La vittoria vale due punti. La squadra di Chiappella può giocare per lo scudetto. Difesa e mediana sono fortissime: 18 partite su trenta senza prendere gol, record di 19 reti finali al passivo contro le 26 dell’Inter e del Milan, 30 della Juventus. Verso la fine del primo tempo, colpo di testa di Juliano e Altafini segna sulla respinta di Lido Vieri. Prima dell’intervallo, l’arbitro torinese Gonella espelle Burgnich, Inter in dieci e in svantaggio.

Fra primo e secondo tempo, lo spogliatoio dell’arbitro è vigorosamente visitato dai dirigenti interisti, generosamente ospitali. In apertura di ripresa, Gonella concede all’Inter un rigore più che dubbio per successiva ammissione di Boninsegna sull’entrata di Panzanato. Tre minuti dopo, Bonimba raddoppia sul cross di Corso.

La sconfitta per 1-2 retrocede il Napoli in classifica (Inter e Milan 33 punti, Napoli 29). Svanisce il sogno scudetto vinto dall’Inter (46 punti) davanti a Milan (42) e Napoli (39) che, nelle ultime otto partite, non tiene più il passo. Il ricordo di quella gara capovolta da Gonella ancor ci offende. Negli anni Ottanta vi sono state le sfide tra il Napoli di Maradona e la squadra di Trapattoni, campione nell’89. È un dato che l’Inter non vince al San Paolo da vent’anni (otto vittorie azzurre, tre pareggi azzurri) dopo il successo del 1997 (2-0 gol di Galante, autorete di Turrini). Le vicende del Napoli (sei stagioni in serie B, due in serie C) hanno diradato i confronti. Memorabili i gol di Zalayeta al San Paolo in due anni consecutivi (due 1-0) contro l’Inter che vinse il campionato prima con Mancini, poi con Mourinho. Di Matuzalem l’1-0 del 2001, di Lavezzi l’1-0 del 2012. Tre gol di Cavani nel 3-1 del maggio 2013. Bottino pieno l’anno scorso: 3-0 al San Paolo firmato da Zielinski, Hamsik e Insigne, 1-0 a Milano gol di Callejon.

Ora siamo a una sfida dal sapore diverso. È in palio il primo posto in uno stadio gonfio di passione, 50mila sugli spalti. È un’Inter arrembante, ma il Napoli, benché battuto a Manchester, ha convinzione, forza, gioco, personalità da grande squadra. Sarà un match incandescente.

From: Il Mattino.

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