«Per un’ora d’amore, non so cosa farei…», a
differenza di Antonella Ruggiero che dava voce alla musica dei
Matia Bazar, Marek Hamsik lo sa eccome cosa farebbe per un’ora
d’amore con il suo Napoli. Primo indizio di sarriana memoria:
non lamentarsi mai per la sostituzione praticamente sistematica
dopo 60′ (o poco più) di ogni partita. E poi ancora:
adattarsi a giocare da regista, in attesa che Ancelotti decida di
inserire Diawara per dare sostanza al centrocampo, oppure Mertens
per aumentare il potenziale offensivo.
Ma nulla di tutto ciò può turbare la psiche e la
voglia di Marek Hamsik che per il Napoli davvero non guarderebbe in
faccia a nessuno. Lo ha dimostrato negli anni. Come quando ha detto
no alle avances del Milan di Berlusconi saltando a piedi uniti sul
palco della piazza Madonna della Pace di Dimaro. Oppure come quando
si è portato quello stemma azzurro alla bocca in ognuna di
quelle 120 volte in cui un pallone toccato dai suoi piedi o dalla
sua testa è finito alle spalle del portiere avversario.
Perché Marek è così, il bambino sbarcato sul
pianeta Napoli nell’estate del 2007 con l’apparecchio ai
denti, una polo a mezze maniche, il pantaloncino e un borsello a
tracolla. Il look è cambiato. A parte la cresta – che pure
si è evoluta nel tempo – sul volto sono spuntate le prime
rughe del tempo e sulle braccia i primi tatuaggi firmati
Napoli.
A cambiare non è stato di certo il senso per il gol. Con il
minimo comune denominatore della Sampdoria. Il primo centro con la
maglia del Napoli è arrivato il 16 settembre del 2007 al San
Paolo contro i blucerchiati – e che gol, con tanto di assist di
spalla di Lavezzi – così come il numero 116 (quello che lo
ha consegnato alla storia del Napoli superando Maradona) arrivato
il 23 dicembre del 2017, sempre a Fuorigrotta e sempre contro la
Samp. Domenica la sfida si ripete, ma per Hamsik è cambiato
tanto.
From: Il Mattino.