Al peccato tattico di Rino Gattuso, d’aspettare il Sassuolo, s’è aggiunto il peccato tecnico, degli errori di Dries Mertens. Insieme hanno portato a fondo il Napoli, sconfitto in casa dal palleggio della squadra di Roberto De Zerbi, che si conferma come uno dei migliori giovani allenatori della serie A. Un Napoli frenato, molto basso per dare campo ad Osimhen che in partite come questa se sbaglia tutti quei gol, anche se apre varchi che nessuno utilizza, si rivela un calciatore controproducente. Il Napoli già dal secondo tempo con il Real Sociedad era apparso renitente al gioco e all’attacco, e ha continuato ad esserlo.
Mertens il cappello su una testa distratta, la vetta di una mentalità rinunciataria, di uno stare in campo con mollezza e distrazioni. È la faccia di una brutta sconfitta, perché senza attenuanti, si possono contare i gol mancati da Osimhen incapace di capitalizzare l’errore di Consigli, ma soprattutto di Mertens che taglia bene su un corridoio diagonale inventato da Politano, ma a dieci metri dalla porta, in area di rigore, è incapace di pareggiare, da lì, poi, è tutta discesa, sì, per il Sassuolo. Se cade Mertens, se manca Mertens, se cede Mertens, il Napoli cade, manca e cede con lui. Osimhen è ancora molto giovane, nervoso, elettrico e inesperto, e per quanto movimento faccia un lavoro da turbina c’è per ora un risultato effimero. Da Mertens, invece, ci si aspetta una classe e una concretezza e dei gol, che mancano.
La partita col Sassuolo ha mostrato molte difficoltà del Napoli, con una improduttività in attacco, che diventa peccato mortale se poi si subisce una squadra senza gli attaccanti principali. In questa stagione ci si aspettava da Mertens una leadership e un peso d’esperienza che sta mancando, poi recupererà e si farà perdonare, ma in questa gara ha grandi colpe d’assenza, e con lui tutti gli altri. È difficile salvare qualcuno, ed è facile distribuire le colpe a cominciare da Gattuso. Tutto quello che sembra azzardo lo è solo sulla carta, di fatto, in campo c’era un Napoli ammainato, pronto a farsele suonare, che mancava di una idea reale d’assalto. Non c’è mai stata la giusta lotta, ma una mollezza di testa e gambe, con un Mertens che è evaporato, riuscendo a tirarsi dietro buona parte del Napoli.
Il belga, diventa il monsieur Malaussène, si fa capro espiatorio, proprio perché è l’uomo dogma, l’incarnazione della tecnica, da lui ci si aspetta il gol e il meglio, l’eversione e la fantasia, e vederlo spento e per giunta che spreca il pareggio, indispettisce. Intorno a lui, poi, un Napoli senza geometria, sparpagliato sulla soglia difensiva in attesa del Sassuolo, per poi aspirare alle gallerie eventuali che Osimhen avrebbe dovuto aprire, annoia. In questa partita si è consumato il debito acquisito nelle precedenti, si è vista una pericolosa implosione di idea e tattica, una pochezza di mezzi, senza nemmeno lo sperpero, proprio una consunzione per povertà d’agire. Eppure bastava poco, un minimo di precisione, un po’ più di decisione e spinta, e la difesa del Sassuolo permeabilissima sarebbe caduta, ma niente di tutto questo, si è tentato. A Mertens è venuta meno quella soddisfazione sfacciata con la quale si mettono le scope a carte, quell’incrocio tra fortuna, bravura e calcolo che ti porta a elevarti su tutti, ridendo. Un po’ l’età, un po’ il periodo, appare inibito. Si smarca ma non fa più quei numeri da trapezista che portavano stupore, trasformando ogni azione in una esaltazione corale, come ora il suo calo si riflette su tutto l’attacco e ancora più giù. Ha assunto un tono convenzionale che non gli può appartenere.