Se è vero, come è vero, che come diceva Schopenhauer la vita è un pendolo che oscilla tra la noia e il dolore è altrettanto vero che la vita di un tifoso del Napoli è un pendolo che oscilla tra l’entusiasmo e la rassegnazione. Non è possibile, infatti, per il tifoso azzurro persistere a lungo in uno dei due stati d’animo: non ci si può rassegnare perché poi arriva la vittoria esaltante e non ci si può esaltare perché poi arriva la sconfitta bruciante. E tale è stata quella di ieri con il Sassuolo. Una sconfitta brutta non solo e non tanto perché maturata contro una squadra falcidiata da covid e infortuni quanto perché cresciuta con le mullechelle proprio dagli azzurri a suon di errori sotto porta. Se due indizi fanno una coincidenza e tre indizi fanno una prova, i tremila gol sbagliati ieri da Lozano, Mertens e Osimhen fanno una sentenza di condanna senza appello: non si possono sbagliare gol praticamente già fatti e non aspettarsi in cambio una supposta somministrata dagli emiliani in due tempi: prima con il rigore causato da Di Lorenzo e poi con il gol segnato nel recupero.
E a nulla è servito buttare dentro Petagna, insolfare e mettere dentro Mario Rui, aizzare Politano contro i sassolesi e contro Boga in particolare. I nero-verdi hanno avuto la meglio, nonostante tutta questa potenza di fuoco messa in campo soprattutto in attacco da Gattuso. E allora la domanda sorge spontanea: ma non è che parlare subito di scudetto porta male? Non è che con tutta questa agitazione si fa la fine della coca cola che a furia di sbatterci ci sfiatiamo? E allora basta! Calma, sangue freddo e soprattutto silenzio: zitt’ a chi sap o juoco!