Diego in chiesa. Non è una bestemmia per chi considera Maradona una divinità, presente nei cuori e nei pensieri dei napoletani anche nei giorni che ci avvicinano al Natale (e poi alla ripresa del campionato, in quella sfida contro l’Inter a San Siro che fu durissima anche per il Pibe quando era il capitano azzurro).
La chiesa di Santa Maria Stella Maris, nei pressi dell’Archivio di Stato, ospita per un mese, fino all’Epifania, la mostra di tanti oggetti appartenuti a Maradona. E’ stata affidata all’associazione “I sedili di Napoli” che ha invitato Massimo Vignati, titolare del museo dedicato al Capitano nel quartiere di Miano, ad esporre i pezzi di questa straordinaria collezione. E Massimo si è messo subito a disposizione.
L’inaugurazione nel giorno dell’Immacolata mentre a pochi passi, nelle botteghe di San Gregorio Armeno, i turisti acquistavano le statuIne di Maradona, è stata un successo. Vi ha partecipato il professore Edoardo Cosenza, assessore comunale ai lavori pubblici. Non come istiituzione ma come abbonato della curva B perché l’ingegnere ha un grandissimo cuore azzurro e il suo posto è stato sempre nello spazio del tifo popolare: quello che Diego amava tanto e continua ad essere riconoscente anche se dalla sua ultima partita in maglia azzurra sono passati oltre trentun anni.
Scarpette, palloni, maglie. Momenti di una storia che va dalla prima casacca del 1984, quella con il marchio Cirio, all’addio al calcio celebrato nella Bombonera di Buenos Aires, anno 2001, con una festa alla quale invitò tanti amici (e un solo calciatore italiano, anzi napoletano: Ciro Ferrara), quella in cui tra le lacrime ammise davanti a tutti i suoi errori e sospirò: «Il pallone non si macchia». Lui lo ha sempre onorato, facendo impazzire di gioia napoletani e argentini. Ci sono in bella mostra le maglie con gli scudetti dell’87 e del ’90, i pantaloncini e le scarpette della finale di Mexico ’86, la giacca a vento indossata durante il riscaldamento prepartita più celebre nel calcio, quello allo stadio di Monaco di Baviera prima della semifinale Uefa contro il Bayern, magici tocchi al pallone sulle note di Live is Live che tramutarono in applausi i fischi dei tedeschi. Un tuffo nel passato. Anzi, nel presente. Perché Diego c’é.