È uscito dall’Etihad tutto impettito e scuotendo stizzito la testa. Aveva, nell’ordine: sbagliato un rigore, rinunciato a calciare il secondo, toccato la miseria di cinque palloni in area avversaria, calciato fuori un gol che in Italia non sbaglia quasi mai. Dries Mertens in Champions è apparso uno qualsiasi. Può capitare, è capitato. A fine gara si è fermato a parlare brevemente con Kevin De Bruyne con cui ha scambiato la maglia. Una serata storta, certo. E peccato se era tra le più attese. Il Manchester è stato superiore a lungo nella tattica, nelle individualità, nella personalità di campioni splendidi che sembravano di aver più fame di quelli del Napoli.
Mertens era il più atteso degli azzurri. Lo era perché c’erano anche gli uomini di Mourinho a prendere appunti in tribuna sul falso nove belga, in vista del prossimo mercato dello United. Ma il ragazzo che è nel listone dei 30 candidati al Pallone d’oro l’altra sera ha risposto: assente. Oggi è dietro la lavagna, come il peggiore. Lui abituato a essere sempre in cima all’Everest, stavolta è costretto a subire il supplizio delle critiche. La clausola da 28 milioni di euro è un invito a nozze per tanti, anche se non è proprio da pochi spiccioli, tenendo conto che si tratta in ogni caso di un attaccante che va verso i 31 anni. Il Manchester United ci pensa, ma per lanciare un assalto a Dries magari dovrà evitare di farsi influenzare dalla prestazione dell’altra sera in Champions.
Mertens pure vuole girare pagina: figurarsi se non lo farà. C’è l’Inter, il primo posto da difendere e la sfida a Icardi. Mertens vuole giocare sempre, non vuole mai fermarsi: aveva fatto il muso lungo in Ucraina quando Sarri gli preferì Milik. E diede lo strappo alla sfida quando entrò nella ripresa al posto del polacco. Perché è uno di quelli che non vorrebbe mai fermarsi. Chissà se è stanco, chissà se cominciano a pesargli gli oltre mille minuti nella gambe già accumulate in questi primi due mesi di gare col Napoli. Però col City non c’era: 4 tiri in porta, due nello specchio. Non è stato protagonista di un grande spot per se stesso, ma la colpa non è stata solo sua. Quando il Napoli ha cominciato a vedere la partita, anche lui ha iniziato a giocare. Questa è la stagione della doppia sfida, della duplice scommessa. L’affronta una squadra affamatissima e vorace, ma largamente imperfetta. La sua arma letale a Manchester è apparsa un po’ fuori giri: potrà reggere fino in fondo tra campionato, Champions e nazionale? Perché Sarri è stato sibillino: «Ci fosse stato Milik avrebbe giocato lui». Un modo per dire: tre gare a settimana sono troppe per tutti, anche per il bomber del Napoli.
I conti di Mertens contro Guardiola non tornano: non ha fatto la solita pressione, ha subito lo spessore tecnico dei difensori avversari. Senza la velocità di palla indispensabile per la logica del 4-3-3 è andato in sofferenza. Per poi rialzare la testa. Il rigore sbagliato è una notizia: è il quarto errore dal dischetto da quando è al Napoli ma il primo che influenza il risultato. Ne ha sbagliato uno a Empoli, lo scorso 19 marzo (3-2 per il Napoli); e un altro in Europa League a Trebisonda (4-0 al Trabzonspor). E in precedenza in Coppa Italia con l’Udinese. Ha segnato cinque penalty in dieci mesi (Torino, Crotone, Cagliari, 2 al Benevento) ma quello che ha colpito è la sua decisione di non calciare il secondo rigore a Manchester. Cosa unica, perché Dries sgomita per farlo.
Ma le prossime ore saranno tutte dedicate a Lorenzo Insigne: i problemi all’adduttore destro sono più seri di quelli che tutti pensavano. Il giocatore anche ieri mattina durante la rifinitura a Manchester ha preferito riposare e svolgere qualche terapia perché il dolorino non è del tutto sparito. Non preoccupa l’infortunio in quanto tale, ma i rischi che si porta con sé: di uno stiramento. E allora bisognerà fare attenzione prima di decidere se rischiare Lorenzo sabato sera con l’Inter. Ovviamente lui vuole esserci. In caso di assenza Sarri lancerà Ounas dal primo minuto. Il problema all’adduttore è sicuramente uno dei sintomi da affaticamento muscolare: ed è per questo che in questi casi è il riposo la cura migliore. La decisione sulla sua presenza in campo verrà presa sabato mattina, ma è chiaro che Sarri è seriamente preoccupato: Insigne, per intenderci, non si ferma da un anno esatto. L’ultima volta era il 23 ottobre di un anno fa a Crotone. Da allora sempre titolare. Anche in Coppa Italia.
È chiaro, in ogni caso, che questo è un segnale: anche Hamsik è affaticato (per curarsi usa particolari calze a compressione graduata anti-affaticamento) e dalla prossima settimana Sarri dovrà pensare a qualche cambio in più. «Il nostro inizio gara non è stato buono. Nella prima mezz’ora il City ha dominato, ma col tempo siamo cresciuti. Giocavamo con una delle favorite alla vittoria della Champions e siamo stati vicini al pareggio. Peccato non aver segnato un altro gol». E sull’obiettivo ottavi di finale: «Mancano altre tre partite, due delle quali in casa. È tutto aperto. Ora, però, testa all’Inter».
From: Il Mattino.