Allegri ha parlato prima della grande sfida e ha ironizzato su Sarri, rimasto invece in silenzio: «Il campo, i fatturati, i calendari: la sua strategia è creare confusione». Una maniera, anche un po’ ingenua, di provare a spostare l’attenzione sull’avversario quando all’interno dello spogliatoio della Juve c’è alta tensione. I bianconeri si trovano a 4 punti dal Napoli, primo di due scontri diretti consecutivi (tra otto giorni la partita con l’Inter a Torino), e le scelte di formazione sono complicate. Mandzukic è rimasto a casa per un infortunio dell’ultimora, Higuain è partito nonostante la recente operazione alla mano: costretto a giocare per emergenza nello stadio dove l’amore per lui si è trasformato in odio dopo la cessione dell’estate 2016.
Allegri fa ironia anche sulla storia della lite nello spogliatoio tra stranieri e giovani. «Magari ci fosse stata…». Venne negata, dopo la sconfitta Champions, anche quella negli spogliatoi di Cardiff, una storia che invece pesò sull’addio di Bonucci. Dà segnali di nervosismo questa Juve che è rincorsa dalle polemiche, non è leader in classifica e stasera, perdendo a Napoli, scivolerebbe a -7 e direbbe addio non allo scudetto, ma al titolo d’inverno. Di questo gap e di queste tensioni gli azzurri devono saper approfittare. Grazie al lavoro di Sarri e alle operazioni di mercato di De Laurentiis, anche con il contributo dei 90 milioni incassati dalla Juve per Higuain, il Napoli ha cambiato la storia del campionato. Il 30 marzo 2014 i bianconeri allenati da Conte avevano un vantaggio di 20 punti sugli azzurri guidati da Benitez; oggi i campioni sono costretti a inseguire.
Quella contro la Juve non è stata mai una partita qualsiasi e non lo sarà mai. Il 20 maggio, data della trentottesima giornata, è lontano ma il risultato inciderà sui mesi che verranno. La vittoria darebbe ulteriore vigore al Napoli, che mercoledì conoscerà il proprio destino europeo: il cammino in Champions non dipende soltanto dalla vittoria in casa del Feyenoord, ma anche dal successo del City contro lo Shakhtar in Ucraina. È un’occasione da non fallire per la squadra, che ha assunto un tratto juventino, perché si presenta al confronto con la migliore difesa (9 reti, come la Roma), proprio quello che appariva il suo lato debole. La Juve, da parte sua, si è napoletanizzata, perché ha il migliore attacco (40 reti). Il progresso nella fase difensiva è l’elemento più importante di questa stagione perché Sarri ha saputo coprire una carenza emersa nel primo biennio, quando i meccanismi erano imperfetti e si registravano errori individuali e cali di tensione.
La Juve ha accusato battute a vuoto, perdendo l’ormai storica imbattibilità allo Stadium contro la Lazio e subendo una sconfitta più netta del 2-3 nell’ultima trasferta in casa della Samp. Gli effetti del costoso mercato non si sono visti anche perché, secondo il presidente Agnelli e l’ad Marotta, è stato studiato in prospettiva. E poi Dybala ha spesso giocato al di sotto degli abituali livelli e sono emerse difficoltà in difesa, dove il peso degli anni dei centrali e la partenza di Bonucci hanno pesato. Allegri è intervenuto con frequenti cambi di modulo e di uomini per sopperire a questi problemi, laddove Sarri è ligio al 4-3-3 da 23 mesi, con quell’attacco straripante che è diventato più moderato nei numeri ma altrettanto efficace nelle ultime settimane. Il Dream team delle goleade ha lasciato spazio a una squadra più cinica: cinque delle ultime sei vittorie in campionato sono state ottenute con un gol di scarto, l’ultima a Udine dove è stato accuratamente gestito il vantaggio di Jorginho. Segni di stanchezza – prevedibili per coloro che hanno sostenuto il primo allenamento il 5 luglio e giocato la prima partita il 16 agosto – spariranno magicamente stasera a Fuorigrotta, dove sarà necessario avere subito un ritmo alto perché la Juve va aggredita con quelle che sono le armi migliori degli azzurri. Allegri non è catenacciaro, tuttavia nell’ultima partita al San Paolo, pareggiata per 1-1 otto mesi fa, fu prudente (aveva un vantaggio di 6 punti) e non si espose ai pericoli che può provocare l’attacco azzurro così diverso sotto l’aspetto fisico e tattico da quello juventino.
È una partita tra squadre d’alto bordo che può essere risolta dal numero di un genio calcistico, Dybala da un lato e Insigne dall’altro. I rimpianti per non aver visto Lorenzo nello spareggio mondiale contro la Svezia sono sempre più forti, lo ha confidato anche Totti in un’intervista al Corriere della Sera in cui ha auspicato lo scudetto al Napoli, anche lui – probabilmente – per spostare il carico della pressione sugli uomini di Sarri, in grado di reggerlo come stanno dimostrando in questi mesi in cui contano le vittorie, il gioco ma anche la forza psicologica di una squadra che non ha più paura di nulla. La Juve non è più da tempo un tabù a Fuorigrotta: da quando le due squadre sono tornate insieme in serie A (2007), una sola vittoria, gennaio 2015, con la pesante ombra di una topica arbitrale in favore dei bianconeri. Ma ora c’è il Var, che limita gli errori e che fin dal primo momento è sgradito a dirigenti, giocatori e tifosi della Juve.
From: Il Mattino.