La nostalgia ha una luce viperina che gli accende il viso, dagli spalti arriva laffetto per il passato, per il tempo speso a Milano, giocando e allenando, e Carlo Ancelotti ci appoggia dei lucciconi trattenuti a stento e molti pensieri, alza timidamente le mani: saluta, ringrazia. Cerca di indovinare gli umori storti altrui, e nascondere i suoi, prova a mascherarsi dietro i convenevoli da vecchio amore. Ciao, come stai? Che dici? Che fai adesso? Ammicca, gioca, si distrae, si guarda intorno, ed è anche peggio, perché per ogni angolo c’è un ricordo, per ogni zolla una partita, per non dire delle panchine. Qui tutto gli parla di un tempo felice, mentre vive quello della caduta. Ogni stadio ha la sua magia, ma quello della squadra che ti ha fatto diventare grande, ne ha un po’ di più. Il Milan e le viscere del suo tifo, non l’hanno dimenticato, e nemmeno Ancelotti l’ha fatto, adesso che deve venire a ballare sul filo mentre la squadra ora allenata da Stefano Pioli non va, e provare a taglieggiarne il gioco e a scippare punti, sente il peso del momento, e si porta dietro gli acciacchi e anche tutte le difficoltà del Napoli, che pare non riconoscerlo più, come il cane di Antonello Venditti quando sta per lasciare il suo vecchio amore in «Dimmelo tu cos’è».
Milan-Napoli, in tribuna c’è Allegri e i tifosi ora lo vogliono in azzurro
E già, diccelo Carlo, cos’è, visto che i tuoi escono dal campo senza guardarti, più bravi a dribblare le tue mani che gli avversari, più abili nella sottrazione che nella somma in campo. È sempre difficile tornare in una casa che hai lasciato, dove sei diventato vincente, hai riscattato l’etichetta di quello che arrivava a un tocco dal sogno, se, poi, ci torni nel momento peggiore della tua carriera, allora speri di trovarci forza, e mentre tutti ti salutano, ti commuovi, ma poi continui a pareggiare. Una partita, tra l’altro, bruttina, con tanti errori, palloni alzati nella speranza, e gol sbagliati. Una roba non da San Siro – che Beppe Viola te l’avrebbe detto uscendo, mentre torni al pullman – e nemmeno da Milan e Napoli, anche se poi tutti diranno bene così, ci vedranno un filo di speranza, e la possibilità di andare a stare meglio, ma se la prossima è il Liverpool dei record in Premier League, si può davvero andare a stare meglio? E allora il naufragar a centrocampo m’è dolce, pensando a quando avevi dei calciatori che ti ascoltavano, e nessuno t’era nemico. Ora ti ritrovi al centro di una guerra stupida, tra orgogli e ripicche, e intanto ti tocca vedere Allan migliore in campo senza essere nemmeno l’ombra di quello che annullava Neymar in Champions League. Non morde più le caviglie di nessuno, ma recupera qualche pallone e allora sembra che si possa anche ripartire, che si possa tornare a una normalità che potrà anche venire, ma prima tocca chiedersi che fine ha fatto il gioco, che fine hanno fatto le idee, se lancia Maksimovic dove prima c’era Andrea Pirlo. Ora ci sono solo colpetti non grandi colpi, c’è un gioco col singhiozzo, che viene da chiedersi: ma quando finisce il silenzio stampa, poi tu Carlo ce lo dici com’è? Fuori dalla pretattica, tra la nostalgia del ritorno e la voglia di rimettere in riga tutti, dopo averli persi.
Così, misurandola col tuo buonsenso, dall’alto della grandezza che tutti ti riconoscono, diccelo come si fa a tornare qua – in una delle peggiori stagioni del Milan – e non vincere, tra egoismi e generosità, noi siam pronti a capire e giustificare, persino a perdere ancora, ma vorremmo vederli giocare i tuoi calciatori, che avessero un appuntamento segreto con qualcosa in campo oltre che con se stessi, e che quel qualcosa fosse la porta. È troppo scomodare la tua nostalgia di quegli anni qua a Milano per avere un po’ di ferocia in area di rigore e un po’ di concentrazione in difesa? Così mentre saluti lo stadio che ti ama e riconosce, adula e aspetta, ti spiacerebbe anche dire a Callejon di rimettersi a correre? Con precauzione e dopo aver visto cosa ha al braccio, puoi chiedere a Insigne una generosità da Nazionale o almeno domandare a Mancini in che modo gli fa capire il concetto? Dai diccelo cos’è quello che ci manca, quello che ancora non c’è, e non ci fa tornare indietro