Adesso perdonateli. Hanno dato tutto quello che avevano dentro e anche qualcosa di più. Di fronte ai campioni d’Europa, che ad Anfield nella stagione in corso non avevano ancora lasciato un punto, hanno trasmesso compattezza, senso di responsabilità ai tifosi prim’ancora che al presidente, e fedeltà al tecnico. Allan e compagnia hanno dimostrato di esserci più col cuore che con le gambe, dando ragione ad Ancelotti che alla vigilia aveva rassicurato tutti (“il nostro è un ambiente sano”): il risultato strappato – è il termine più appropriato – ha qualcosa di straordinario se si pensa al fatto che a Liverpool il Napoli aveva sempre perso.
L’orgoglio ha così sottomesso la rabbia. Per Ancelotti esistono due tipi di rabbia, “c’è quella innescata dalla mente – sono parole sue -: a volte mi sono arrabbiato con la squadra per un atteggiamento sbagliato, in situazioni del genere può essere buono per l’atmosfera generale parlare chiaro e duro. L’altra forma di rabbia viene dal cuore, dai sentimenti. Per questa rabbia non si può fare niente: non posso controllarla”.
Per una volta i giocatori sono addirittura riusciti a controllare la rabbia del cuore, i sentimenti negativi: hanno capito il momento. Pagheranno la multa perché è giusto così, ma ieri si sono garantiti la possibilità di attutire il colpo al portafoglio col premio-qualificazione.
Le premesse erano terribili. Quando una squadra che sta male incontra una squadra che sta bene, nove volte su dieci la squadra che sta male ci lascia le penne. Soprattutto a casa Klopp: per questo Ancelotti ha impostato una partita molto italiana. Tutto il meglio sul piano difensivo il Napoli l’ha prodotto nel primo tempo quando ha volutamente lasciato l’iniziativa al Liverpool, fiacco e impreciso nella mezz’ora iniziale, per alzare il livello del controllo e garantire assistenza ai centrali. Di Lorenzo ha svolto perfettamente i compiti che gli aveva assegnato il tecnico occupandosi prevalentemente di Milner e della protezione di Maksimovic, senza tuttavia disdegnare qualche ripartenza.
La ripresa è stata il capodanno dei tifosi: un continuo ricorso all’orologio, l’ansia del tempo mancante. Lento, troppo lento lo scorrere dei minuti, palpabile la sofferenza.
Monumentali Allan e Koulibaly, essenziale Mario Rui, non al massimo Fabian, Zielinski e Lozano. La prova di Mertens è tutta nel gol: bellissimo, preziosissimo.