Ha cercato di capire i veri motivi del crollo con una certezza: non pensa a lasciare
NAPOLI – Affinché non ci fossero dubbi, mentre il San Paolo è un guscio svuotato da emozioni, Gattuso ha chiarito ciò che non farà: «Mi dicono che stia circolando la voce che io possa dimettermi. E’ un pensiero che non mi sfiora». Ne ha altri per la testa, e non sono pochi: c’è voluta un’ora e mezza di confronto con la squadra per svelarli, la lettura di ogni statistica ma anche la ricerca delle cause di questo malessere i cui effetti sono nella personalissima classifica, tre punti in cinque partite, andamento ed andatura da retrocessione secca.
Per novanta minuti, nel chiuso dello spogliatoio, Gattuso ha provato a fungere da psicologo, per arrivare alla natura stessa e dunque alla diagnosi sullo stato di incoscienza d’una squadra che non l’ha seguito, della quale ha smarrito le coordinate, con la quale – tatticamente – anche lui s’è lasciato andare, osando quando invece sarebbe stato logico e sufficiente la razionalità. Ma la sconfitta con la Fiorentina va oltre le scelte della difesa a tre in fase di possesso, di Luperto a sinistra e Di Lorenzo, ed al Napoli Gattuso ha chiesto cosa stia accadendo, se ancora a turbarli tra i retro-pensieri ci siano gli strascichi dell’ammutinamento del 5 novembre, se magari ci sia il rigetto per allenamenti invasivi, se invece nell’inconscio ci siano motivazioni da confessarsi e da rimuovere. Prima che sia troppo tardi. «Perché abbiamo toccato il fondo».