Napoli e Lecce domenica racconteranno di quel calcio meridionale che dal 1898 a oggi ha vinto appena due scudetti, quelli col Napoli di Maradona. Ci sar un motivo se, a parte il Cagliari di Gigi Riva, la Roma (42, 83 e 2001) e la Lazio (1974 e 2001) la tirannide del Nord stata incrinata davvero poche volte da quando c’ il campionato di serie A (c’ anche la Juve Stabia che insegue un tricolore di guerra, quello del 1945, mai assegnato dalla Figc). Gi, bisogna tirare fuori le solite questioni: le risorse economiche, la distribuzione delle scuole calcio e degli impianti sportivi, la mancanza di imprenditori pronti a investire nel lungo tempo. Ma se si parla di bacini d’utenza, non certo il Sud ad avere bisogno del grande calcio, ma semmai il contrario. Perch, di sicuro, non possono non mancare alla serie A realt come Palermo e Bari, ma anche come Reggio Calabria e Catania. Senza bisogno di paragoni con le piccole realt del Nord. Anche questo d la dimensione di quello che il Napoli di De Laurentiis: una rosa da quasi 680 milioni di euro, 11 anni consecutivi in Europa e un fatturato da circa 350 milioni l’anno.
Oltre al Napoli c’è il Lecce dell’avvocato Saverio Sticchi Damiani che, da quando ha rilevato la società insieme a una cordata di imprenditori, nel novembre 2015, ha sempre soltanto salito gradini: terzo il primo anno in serie C, secondo il secondo, primo il terzo. Infine la promozione diretta in A e ora in piena lotta per la salvezza. Due squadre del Sud sono pur sempre meglio di una, come è successo l’anno scorso e come nell’ultimo ventennio nel 2001 (Lecce) e nel 2002 (Reggina). Siamo lontani dal record del dopoguerra con 5 squadre nel 2008/09 (Napoli, Lecce, Reggina, Palermo e Catania) ma puntiamo al ritorno già il prossimo anno del Benevento di Vigorito (n vetta alla serie B), della Salernitana di Lotito (i granata sono stati in serie A nella stagione 1998-1999 per un solo anno) e magari pure del Crotone di Vrenna (Salernitana e Crotone sono in corsa per i playoff). Vero, pochissimi scudetti al Sud, ma avventure destinate a restare come il Catanzaro di Nicola Ceravolo ottavo nell’81 e settimo un anno dopo, l’Avellino di Antonio Sibilia nono nell’83 e capace di 10 campionati consecutivi in A; il Foggia di Zeman, Signori e Shalimov; ma anche il Catania di Angelo Massimino. La dinastia più robusta resta quella dei Matarrese a Bari, club che da due anni è passato nella mani ambiziose della famiglia De Laurentiis e che è ora è in Lega Pro. Né si può dimenticare il Palermo di Zamparini dal 2006 al 2017 (tranne una stagione) tra i big ma che ora, dopo il fallimento, ricomincia dalla serie D o anche la Reggina di Foti.
L’ingegnere Corrado Ferlaino sa bene di essere lo storico paladino del calcio meridionale. «Non mi stupisce l’assenza del Sud in serie A, non era facile neppure prima essere competitivi con le realtà del Nord e ho l’impressione che sarà sempre più complicato: il Mezzogiorno paga l’arretratezza economica, l’emigrazione, lo spopolamento della sua terra. Napoli fa eccezione perché resta capitale, nonostante tutto. Ma anche ai tempi dei miei campionati vinti, non è mai stato facile coinvolgere il resto dell’imprenditoria napoletana: c’ero io e basta». Colpisce l’ex presidente il fatto che il Napoli non sia mai riuscito ad essere il vero portabandiera del calcio del Sud. «Spesso la peggiore ostilità l’ho trovata sui campi meridionali. In alcuni casi, ai livelli dell’accoglienza che trovavamo a Brescia o a Bergamo. Ma io ho capito il perché: anche al Sud, come al Nord, invidiano le nostre bellezze, il nostro modo di vivere. Siamo stati sempre soli. Lo dice la storia, non solo quella del calcio».
Un derby del Sud è una rarità, ma il prossimo anno può tornare quello campano, grazie a Oreste Vigorito e al suo progetto Benevento. Dopo i 74 campionati del Napoli in serie A, è però l’Avellino ad avere più presenze: dieci. Consecutive. L’Avellino di Antonio Sibilia. Il figlio Cosimo è ora il presidente della Lega Dilettanti e vice presidente vicario della Federcalcio. «Quello fu inizialmente un miracolo sportivo: la piccola provincia che riusciva a scalare la montagna. Ma poi avvenne altro: col terremoto del 1980 in quella squadra di calcio si immedesimò la voglia di riscatto sociale di un territorio devastato da quella tragedia. Portare ogni domenica 40mila persone allo stadio è stato qualcosa di unico». Il ricatto del Sud, secondo Sibilia, è alle porte. «Le diversità economiche sono evidenti, ma sono sicuro che presto sul grande palcoscenico ritroveremo il Bari di De Laurentiis e la Reggina di Gallo: c’è entusiasmo, voglia di grande calcio ed è solo questione di tempo. In attesa di rivedere la Sicilia che non può non esserci».