La mia carriera da calciatore mi ha aiutato a capire gi le dinamiche da spogliatoio anche quando sono passato ad allenare. Gennaro Gattuso si racconta in uno speciale targato Sky Sport, l’allenatore azzurro torna davanti alle telecamere in un momento in cui il pallone si è fermato per l’emergenza coronavirus. «Ma non basta quello, per allenare serve esperienza e studio, perché il calcio è cambiato tanto e cambia ancora. L’allenatore collabora con 70-80 persone e deve indicare sempre la strada, non è facile capirsi subito. La squadra non è solo quella che va in campo, ma anche tutti quelli che lavorano in settimana».
Qualche anno di gavetta, poi l’arrivo a Napoli. «Sapevo di arrivare in un grande club, la chiamata di De Laurentiis mi ha colpito» ha confessato Gattuso, il cui primo idolo fu azzurro: «Quello di Bagni fu il primo poster che ho attaccato in stanza, era uno dei pochi che giocava con i calzettoni abbassati e mi colpì. Allenare oggi questi calciatori in una città come Napoli mi dà una grande carica, quando andrò via vorrei essere ricordato per la serietà e per aver fatto cose importanti insieme. Idolo? No, quelli devono essere i calciatori, sono loro quelli che vanno in campo». Una panchina occupata dopo Ancelotti. «Non me l’aspettavo, Carlo è sempre stato un punto di riferimento e mi ha lasciato una grande squadra. Non si può imitare, eravamo come padre e figlio e molti miei traguardi sono merito suo».