Alle 18,04 dell’11 dicembre il tweet dell’annuncio di Rino Gattuso. Un anno assieme. Da festeggiare nei prossimi giorni con un rinnovo fino all’estate del 2023. Poi di vedrà. Ma il ciclo è iniziato. E non è un caso che in un anno di Ringhio, ci sia già un titolo lì nella bacheca. Un matrimonio scoccato senza scintilla d’amore, per necessità: bisognava girare pagina, mettersi alle spalle rapidamente Ancelotti e virare a un tecnico sergente di ferro capace di gestire uno spogliatoio in piena sommossa che aveva contestato metodi di lavori e sistema di gioco. Il Napoli aveva da poco pareggiato a Udine quando Gattuso venne chiamato alla Filmauro in fretta e furia: era domenica pomeriggio quando l’intesa venne raggiunta. Ringhio aveva fretta di firmare, accettò cifre al ribasso e persino la solita clausola che poi avrebbe reso assai nervose le sue riflessioni sul futuro. Ma voleva il Napoli: aveva detto no a mezza Italia per arrivare a questa occasione. Meno di 12 ore per trovare l’accordo su tutto. Comunque sarebbe andata con lo Genk, in Champions, Ancelotti era arrivato al capolinea. E così andò.
Ha vinto la metà delle partite giocate nella stagione più assurda del calcio mondiale. Un purosangue della grinta e della tecnica. Primo obiettivo mettere le cose a posto in un gruppo dove la sommossa nella notte di Salisburgo ancora scorreva nelle vene. Far capire, insomma, che era lui che comandava. Inizio in salita e dopo il ko in casa con la Fiorentina il faccia a faccia per la risalita a Castel Volturno. Ricordate il patto di Vietri sul Mare del 1985 tra gli azzurri e Maradona che gettò le basi per lo scudetto del 1987? Ecco, quella notte Gattuso e la squadra si dissero di tutto e per la prima e unica volta in questo anno Ringhio disse che era pronto a togliere il disturbo se la squadra credeva che il problema fosse lui. La risposta arrivò tre giorni dopo con la vittoria in Coppa Italia con la Lazio. Il mercato del club, in quei giorni, probabilmente fu fatto pensando che alla fine dell’anno Gattuso sarebbe andato via. Da Rrhamani a Petagna, da Lobotka a Politano. Solo Demme è stata una sua esplicita richiesta.
I primi tre mesi di Gattuso sono stati mesi di titubanza e dubbi, di tentazioni e riflessioni. Ed è stato solo da metà gennaio che l’allenatore ha svoltato in maniera netta: a parte la caduta con il Lecce la sua è stata una cavalcata verso la rinascita. A muso duro con tutti, da Mertens ed Allan fino alla prima clamorosa esclusione del brasiliano prima della partenza con il Cagliari. Provarono a lungo in quelle ore a fargli cambiare idea, ma Ringhio non ha mai avuto dubbio sulle cose da fare. Dirà: «Ho provato a fare l’allenatore che misura le parole, ma non lo so fare. Sto male se lo faccio, devo sempre dire e fare quello che ho dentro di me». È stato il lockdown il momento con cui lui e la squadra sono diventati davvero un tutt’uno: non è un caso che nessuno si è mosso da Napoli fino alla ripresa. E in quei interminabili due mesi il Napoli è diventato il suo Napoli. Dal pagamento degli stipendi ai rinnovi, dalla ripresa degli allenamenti alla gestione della quarantena. Lì Ringhio si è scoperto allenatore-manager e ha stregato De Laurentiis che pure qualche esitazione l’aveva. Alla ripresa la vittoria della Coppa Italia è stata l’apoteosi. Come quell’abbraccio in mezzo al campo dell’Olimpico e la promessa del premio che, ovviamente, la squadra fece chiedere a Gattuso. E da chi sennò? Quanta acqua era passata sotto i ponti dalla notte in cui la squadra aveva deciso di ammutinarsi e tornarsene a casa invece di andare in ritiro. La squadra non vola nel finale di stagione, è appagata e stanca anche se sogna l’impresa a Barcellona l’8 agosto ma contro Messi e company manca quella convinzione che voleva Gattuso. Inizia la nuova stagione dove Ringhio è al centro di ogni cosa. Chiede e ottiene il rinnovo di Mertens, l’ingaggio di Osimehn, la conferma di Lozano. È tutto nelle sue mani, sia pure con qualche inquietudine. È l’uomo giusto, nel momento giusto. Firmerà per altri due anni in questi giorni, senza fretta, anche perché ha dovuto attendere un mese prima dell’arrivo delle bozze. Nel mirino ha adesso il passaggio ai sedicesimi di Europa League e il successo nella Supercoppa. Senza perdere terreno dalla zona Champions. E lo scudetto. Ma questo meglio non dirglielo.