(Italiano) Perché il Napoli non deve temere l’incubo Atalanta al San Paolo


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Dopo il magnifico vernissage in Champions contro il Nizza, il San Paolo apre al campionato. Annunciati 30mila spettatori. Festa grande. Ma, augh!, il primo avversario è l’Atalanta, bestia nera e neroazzurra. Nei campionati della gestione De Laurentiis, la squadra bergamasca ha sottratto al Napoli quasi la metà dei punti in palio nelle sfide dirette: 29 su 54. L’anno scorso, si è presi tutti e sei i punti passando anche al San Paolo con due gol di Caldara. Agghiacciante, direbbe Conte. Aborro, direbbe Mughini. All’andata, bastò un gol di Petagna, il triestino di 1,90 tutto fisico e piedi pesanti. Ma c’è il buon rovescio della medaglia. Il Napoli ha sempre vinto affrontando l’Atalanta alla prima di campionato in casa, cinque volte, nell’ultima gol di Zola all’84’ (1991-92), la volta precedente il gol al 90’ di Giacchetta, stellina filante nel cielo azzurro, subentrato al posto di Crippa. C’era ancora Diego.

Non è stato mai facile contro gli orobici e contro Gasperini che anche col Genoa ha saputo imbrigliare il gioco del Napoli. L’Atalanta e Gasperini, ecco due brutti clienti. Ma il Napoli ha iniziato una stagione di felicità. Belli o brutti gli avversari bisogna sistemarli. A Dimaro e a Castel Volturno è stato “firmato” un patto di entusiasmo. Dove possa condurre non si sa. Ma onorarlo con un avvio brillante di stagione è indispensabile.
Dopo il “pieno” a Verona, chiudere bene le prime due partite di campionato (poi ci sarà la sosta) è l’imperativo categorico di Maurizio Sarri che lo ha ripreso da Immanuel Kant. A questi livelli siamo, mentre fioccano i complimenti per la bellezza della squadra azzurra, il bel gioco del Napoli e di altre tre, quattro squadre europee, uniche ad esaltare il calcio, così ha detto Guardiola che col Manchester City è nel girone Champions degli azzurri. Dal tiki-taka molleggiato di Guardiola (Barcellona) al più effervescente tricchi-tracchi di Sarri, condannato ormai a diventare Sarriola.

I “tracchi” bisogna accenderli contro l’Atalanta, dea arcigna e dai mille dispetti, con una gran voglia di dimostrarsi ancora un “osso duro” per tutti dopo avere perso pezzi pregiati (Kessie, Conti) e altri ne perderà, col mal di pancia juventino di Spinazzola, ma conservando quel diavoletto del Papu Gomez, il piccoletto di Buenos Aires inventore di ogni pim-pum-pam nel suo spazio ristretto, nano-gigante, due centimetri più alto di Insigne. L’Atalanta, al debutto, ha perso solo su punizione (Kolarov) dalla Roma che ha giocato con un baricentro molto basso, non è ancora tempo per la poesia di Di Francesco. Avrebbe meritato il pari. Non è un mistero che voglia rifarsi a Napoli perché è squadra tosta e sbarazzina che ha nel filiforme sloveno Ilicic (1,90) un altro giocatore di magie improvvise, svincolato dalla Fiorentina e attratto a Bergamo dal connazionale Kurtic e da un triennale di 5,5 milioni l’anno più bonus. Sono credenziali di riguardo.

Ma il Napoli non ha mai giocato partite sull’avversario. Il Napoli va in campo senza trucchi e senza inganni, ci va per fare e imporre il suo gioco, palla a terra e triangoli, partenze veloci, cambi-gioco ed ora, pare, con una fase difensiva più attenta, salvo errori e omissioni casuali non più ammissibili e che sarebbero un pericoloso invito agli atalantini. Intanto, aggiustare la mira per non sprecare troppe palle-gol incoraggiando gli avversari.
La sosta impone una partita a razzo, senza far respirare l’Atalanta, pressandola in ogni zona del campo (come contro il Nizza), impedendole di ripartire con l’intensità giusta in zona-palla, bloccando il Papu e il Peppe Ilicic, smorzando le loro fantasie. Ogni volta, quest’anno, il Napoli deve superarsi. Peccato per la squalifica di Hysaj: Maggio sarà convenientemente raddoppiato e protetto. I piccoli e irresistibili artificieri dell’attacco promettono scintille. Insigne, dopo i due golletti ai dilettanti dell’Anaunia, s’è sbloccato a Nizza, tiro dritto per dritto senza incantesimo, stoccata letale. Mertens è tutto una corsa, una voglia, una grinta. Callejon ha sempre il coniglio del gol da cavare dal cappello a cilindro di maghetto d’ala. Milik freme in panchina, ha già segnato a Verona. Deve crescere Hamsik, ma le alternative a centrocampo sono confortanti.

Il Napoli può prendere in pugno il match con l’alta qualità tecnica, gli automatismi, la velocità. Può piegare l’Atalanta col ritmo. Se la squadra bergamasca si eccita nello spogliatoio con “baila como el Papu”, la sua danza tribale, il Napoli al meglio della condizione andrà con la rumba delle noccioline. L’allegria regna sovrana, ma un giorno all’improvviso qualcuno si è disamorato. Pepe Reina non sorride più. La faccenda è nota. Quell’attrito non sanato di maggio col presidente, un contratto non rinnovato ed ora le sirene parigine, un contratto biennale sotto la Torre Eiffel e uno stipendio più alto. Il Napoli resiste alla proposta del Psg (sette milioni?), il portiere vorrebbe andarsene in una stagione in cui molti hanno “tagliato la corda”.

C’è questa ombra triste sulla bellezza azzurra. Il giocatore più carismatico e amato ritira la firma dal patto d’entusiasmo? Lo spogliatoio è in ansia. Il Napoli terrà duro imponendo a Reina di rimanere sino a fine stagione come gli impone il contratto. Ma il disagio è evidente. E il Napoli ha mancato di premunirsi con un portiere di grande affidamento lasciando in sospeso una situazione equivoca. La squadra è con Reina, Sarri soprattutto è stato il suo paladino. La domanda è: contano i soldi, i “più soldi” del Qatar parigino o il cuore napoletano? Il cuore di Reina per la squadra, per Sarri, per i tifosi batte ancora? Posillipo può sottrarre lo spagnolo agli Champs-Elysées? La pasta e patata di Nennella può battere il Moulin Rouge? Il cuore azzurro di Pepe può dimenticare attriti e contratto?

Se così fosse, sarebbe l’ultima incredibile magia di un mondo che non ha più cuore e magie, il pallone di un romanticismo superato perché oggi va dove il cuore non lo porta. Sarebbe la favola bella che ieri c’illuse, che oggi c’illude, o Pepereina.

From: Il Mattino.

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