«Siamo fieri rappresentanti di un meridione che ha voglia di essere sempre protagonista. Non solo nel calcio». Saverio Sticchi Damiani è il presidente del Lecce tornato in serie A e che questa sera affronta il Napoli in uno dei tre derby del Sud del campionato italiano. «È incredibile come la geografia del calcio dica che noi e la Salernitana siamo quasi delle eccezioni: c’è solo tanto Nord, anche quest’anno». Non è un caso che lo scudetto dal profondo nord è andato via solo nel 1974 (Lazio), nel 1983 (Roma), nell’87 e nel 90 (Napoli) e ancora due volte consecutive nella capitale (2000 Lazio, 2001 Roma). Diverse le risorse economiche, il quadro sociale complessivo, la distribuzione degli impianti sportivi e delle scuole calcio, non dissimili invece i bacini d’utenza.
Presidente, torna a Napoli dove l’ultima volta vinse per 3-2 nel febbraio del 2020.
«Una giornata storica, indimenticabile. Non so come faremo stasera a ripetere la stessa impresa: la gara arriva a inizio della stagione, noi siamo ancora in una fase di rodaggio, abbiamo cambiato tantissimo, 15 operazioni in entrata e altrettante in uscita. Diciamo che questa sera quello che mi interessa di più è vedere un altro passo in avanti nel processo di crescita del mio Lecce. Ma quella vittoria resta scolpita nella mente».
De Laurentiis ha fatto una piccola rivoluzione. Condivide?
«È quello che abbiamo fatto noi: ringiovanire. Non ci sono altre alternative. Abbiamo allestito la squadra più giovane della serie A e anche il Napoli ha abbassato la sua età media. Ci vuole coraggio, e ne abbiamo avuto. E anche lui ne ha avuto: prendendo calciatori che gli consentono ancora di lottare per il vertice. E che consentono, poi, di guardare anche al futuro con positività. Perché il Napoli anche senza Mertens, Insigne, Koulibaly resta una delle favorite per lo scudetto».
Avrebbe fatto bene al calcio italiano il ritorno di Ronaldo?
«Campioni come il portoghese hanno un senso quando vengono con voglia di dare, se hanno voglia di calarsi in un contesto, se hanno le motivazioni per lottare e per sacrificarsi per il gruppo e non solo per se stessi. Allora in quel caso, non si discutono».
Il vostro Ronaldo è Umtiti?
«Non è un nome e basta. Non lo abbiamo preso come operazione di marketing. È un giocatore di altissimo profilo che ha voglia di ripartire ed è per questo che lo abbiamo portato da noi».
La questione meridionale c’è anche nel calcio?
«La geografia della A dice che è tutto il Nord è rappresentato, in ogni regione e il Sud no a parte Napoli, Salernitana e Lecce che sono quasi delle eccezioni che rappresentano tre progetti importanti, ovviamente differenti l’uno dall’altro. Ma tre club che hanno pianificato e stanno pianificando. Nonostante le difficoltà e le distanze con le realtà settentrionali. Che sono evidenti. Ma mancano territori importanti del Sud, che sono in serie B».
Come si fa a colmare questo solco?
«Noi stiamo cercando di sopperire a quel gap puntando al legame con il nostro straordinario territorio: il Salento. Molti club della Bundesliga lo fanno. Ecco, è questo attaccamento viscerale, il non volerci allontanare dalle nostre tradizioni che fa sì che nel Lecce ci siano tante figure professionali che vengono dal territorio, come Pantaleo Corvino, per esempio. E allora se altri hanno più risorse finanziarie, noi abbiamo le idee e la voglia che ci arrivano dall’amore per il Salento».
Basta?
«Altre vie non ce ne sono. Il Lecce in serie A è un modo per promuovere ancora di più la bellezza di questa terra che è meta di turismo, ma che il calcio può spingere ancora più in alto. Stasera, con il Napoli avremo una maglia che ha uno skyline con i monumenti della città di Lecce. È un orgoglio per tutti noi».
A Napoli, dopo un bel po’ di incomprensioni, le istituzioni stanno dando una mano per lo stadio. E a Lecce?
«Per diversi anni anche noi abbiamo dovuto sottrarre risorse finanziarie per sistemare gli impianti. Da qualche tempo non è così, i segnali sono positivi. E così possiamo destinare risorse nelle strutture. È un passo avanti assai significativo».
Ha visto Spalletti e la lite di Firenze?
«Troppi maleducati nelle tribune, è insopportabile che gli stadi vengano considerati come delle zone franche dove tutto è tollerato. Io non lo concepisco: bisogna superare l’idea che si vada allo stadio per dare libero sfogo alla volgarità, allo stadio bisogna comportarsi bene».
Cosa avete in comune lei, Iervolino e De Laurentiis?
«Tutti e tre abbiamo la fortuna di guidare società che oggi stanno scrivendo pagine importanti della loro storia sportiva. Tre piazze dove la tifoseria fa la differenza».