Regola numero 1: quando si firma un documento bisogna leggere tutto, da cima a fondo. Pure se è la sottoscrizione dell’abbonamento della propria squadra del cuore. Soprattutto se quello che viene firmato è una sottoscrizione con ben 18 (diciotto) commi e poco importa se si va di fretta perché il cuore batte a cento all’ora all’idea di comprare l’abbonamento del Napoli.
Ecco. A dimostrazione che le singole parole pesano, eccome se pesano, e bisogna maneggiarle con cura, occorre inoltrarsi nei meandri dell’art. 3 del regolamento che gli abbonati del Napoli sottoscrivono al momento della stipula. E che recita testualmente, all’ultimo rigo: «il titolare dichiara e garantisce che non ha proposto né è in procinto di proporre azioni giudiziarie nei confronti della Società».
Già. E se uno pensa che ma va’, figurati, se vanno a controllare, ecco l’errore più grossolano. Perché il Napoli questo ha fatto: De Laurentiis, infatti, ha disposto nei confronti di chi, questa estate, ha citato il club azzurro dinnanzi ai giudici di Pace di Napoli e provincia (in totale, 25) la revoca dell’abbonamento. Con effetto, praticamente, immediato. E ha avvertito chi intende farlo, che in tal caso, anche loro si vedrebbero annullare l’abbonamento.
Un passo indietro: un gruppo di un paio di centinaia di tifosi ha lamentato alla fine della stagione «la scarsa convenienza economica a sottoscrivere l’abbonamento di Tribuna Posillipo e Distinti», rispetto all’acquisto dei tagliandi partita per partita. E per questo hanno fatto richiesta di un risarcimento rivolgendosi all’avvocato Grimaldi.
Domenica due di questi ricorrenti si sono visti respingere l’ingresso ai tornelli dei distinti, ma per tutta la giornata di ieri sono state notificate dalla società partenopea i propri provvedimenti unilaterali. Diretti ai 25 che hanno citato il Napoli e agli altri 100 che hanno invece al momento solo inoltrato una diffida nei confronti del club. Due lettere differenti. Una di questo tenore: «risulta che al momento della sottoscrizione ha falsamente attestato l’insussistenza di contenziosi nei confronti del club che invece sono sussistenti…di conseguenza revochiamo il contratto di abbonamento… mettendo a sua disposizione l’importo versato dell’abbonamento». In pratica, pensa il Napoli, se ci avete denunciato perché ritenete di aver subito l’anno scorso un torto economico da noi, perché rifate l’abbonamento anche quest’anno?
Nella seconda missiva, inviata solo a coloro che hanno fatto solo la diffida al Napoli, c’è scritto, in sintesi che poiché risulta un contenzioso «le chiediamo se vuol dar seguito alla diffida oppure no». Nel primo caso, l’abbonamento, va da sé, va ritenuto revocato. La mini-pattuglia di tifosi messi alla porta o che rischiano di essere messi alla porta è difesa dall’avvocato Erich Grimaldi che ha inviato un atto di diffida al Napoli e invito ad adempiere con contestuale costituzione in mora. Il legale spiega: «Depositerò un ricorso d’urgenza per provare ad ottenere la riattivazione dell’abbonamento in quanto, a mio avviso, la clausola concernente la dichiarazione della pendenza del giudizio o meno (falsa attestazione eccepita), è celata nell’ultimo rigo dell’art. 3, dedicato ai destinatari di provvedimenti di Daspo e non messa in evidenza quale clausola vessatoria. Il tifoso, dunque, non poteva individuare con attenzione la predetta clausola, con la conseguenza che l’approvazione della stessa, è inefficace. Per il codice del Consumo, la stessa è addirittura nulla… Non è prevista, nel contratto, la clausola risolutiva espressa e non potevano, quindi, disattivare direttamente l’abbonamento», è la lunga spiegazione. Un braccio di ferro che ora vive una seconda puntata. E non è quella finale.
From: Il Mattino.