Inviato a Empoli
Non è cambiato solo l’allenatore. Anche il campo di
allenamento non è più lo stesso. «I primi anni
– spiega Angelo Briganti – ci mettevamo all’uscita degli
spogliatoi e aspettavamo la squadra, così che Maurizio si
potesse fermare qualche minuto a parlare con noi prima di mettersi
dietro ai suoi ragazzi». Lo chiamano per nome, come fosse uno
di famiglia. E d’altra parte Sarri a Empoli è rimasto
tale: molto più dell’allenatore che li ha riportati in
serie A. «È un maestro di calcio», aggiunge
Angelo con un sorriso grande come tutta la Toscana. Lui e altri sei
o sette amici erano la «seconda squadra» di Maurizio
Sarri, quella che lui allenava con le parole ogni santo giorno.
«Se non ci vedeva era preoccupato – racconta Flavio
Ingargiola – al punto tale che se c’era il giorno di
allenamento a porte chiuse, si affacciava fuori dallo stadio e ci
gridava: Che fate lì fuori, io vi voglio dentro. E
così noi ci appostavamo a bordo campo e seguivamo
tutto». L’uomo prima di tutto, e a Empoli lo hanno amato
– e lo amano ancora – soprattutto per questo. Una persona di cuore
che non ha mai negato una foto o una parola a chiunque gli si fosse
avvicinato. Per strada, non soltanto al Castellani o al centro
sportivo di Monteboro, Maurizio Sarri si sentiva a casa e oggi
questo affetto è diventato trasversale. A Empoli, infatti, i
suoi amici tifano Napoli. «Se dovesse vincere lo scudetto
saremmo tutti contentissimi – aggiunge Flavio – anche perché
tra gli azzurri ci sono tanti ex giocatori
dell’Empoli».
Intanto la squadra che è al vertice della classifica di
serie B sotto la guida di Andrea Andreazzoli, fa il suo ingresso in
campo per l’allenamento pomeridiano. Sono almeno in cinquanta
ad assistere alla seduta. Applausi ai ragazzi che hanno vinto
sabato scorso in casa dell’Ascoli e poi orecchie puntate verso
quei tre o quattro che commentano l’ultimo successo del Napoli.
«Sabato sera ci è venuta la pelle d’oca a vedere
quella partita», ammette senza vergogna Bruno Seri.
«Quell’azione spettacolare che ha portato al gol di
Mertens contro la Lazio non ci ha sorpreso: la vedevamo tutte le
settimane qui davanti ai nostri occhi». La mano di Sarri
è rimasta la stessa, come l’affetto di questa gente che
lo ha visto crescere e specifica «quando era ancora Maurizio
e non Sarri». Non mancano i rimpianti, ovviamente. Su tutti
quelli di Gaetano Cinelli. «Ricordo perfettamente che disse
al presidente: Rimango se mi prendi un paio di giocatori senza
vendere nessuno e poi vi porto in Europa. Corsi non poteva
accontentarlo e così lui ha scelto Napoli». Per il
bene anche dello stomaco di Gaetano. «Grazie a Maurizio ho
vinto un anno di gelati gratis con un amico di Scario: io lo avevo
rassicurato sulle qualità dell’allenatore che aveva
preso il Napoli, ma lui non mi credeva e allora abbiamo fatto una
scommessa che ho vinto».
Angelo Briganti, poi, ricorda di quando il Castellani era diventa
la meta di pellegrinaggio di tutti gli allenatori d’Italia.
«Organizzavano pullman per venire a vedere i suoi
allenamenti. Complice anche la vicinanza con il centro tecnico di
Coverciano, poi, era un viavai continuo. A noi dava un grandissimo
gusto vedere l’Empoli giocare così bene, ma anche il
nostro allenatore diventare sempre di più un punto di
riferimento per un’intera categoria». È proprio
con Angelo che Sarri, pardon Maurizio, si è fatto
immortalare nell’ultima foto al Castellani prima di approdare
al Napoli, perché quelli lì erano i suoi amici, prima
ancora che i suoi tifosi.
Per non parlare della scaramanzia. «Ha portato per settimane
le stesse scarpe – raccontano insieme Flavio Ingargiola e Vincenzo
Valori – e, se pure si rompevano, lui le sistemava con lo scotch
pur di non cambiarle. Così come la giacca a vento che sul
retro era completamente bruciata dal calore delle
sigarette».
From: Il Mattino.