C’è una cappa di pessimismo sul Napoli di Ancelotti non
dalla serata dell’amaro pareggio a Belgrado, ma da oltre due
mesi, cioè da quando s’è iniziata la stagione.
Non sono arrivati campioni, e il tecnico peraltro non li aveva
chiesti, ma – esclusi Jorginho, pagato a peso d’oro dal
Chelsea, e Reina, di fatto congedato con un anno di anticipo – sono
rimasti tutti i protagonisti della precedente straordinaria annata.
I tifosi avrebbero voluto di più. Non era facile avviare un
nuovo ciclo dopo l’addio di Sarri, andare oltre il Sarrismo.
Non era facile evidentemente neanche per uno degli allenatori
più vincenti al mondo. Non c’è il clone di
Maurizio si rassegnino i suoi nostalgici tifosi (e sono giustamente
tanti) – ma questo non vuol dire che sia lui il più bravo.
Un tecnico che gioca come Maurizio in Italia ci sarebbe ed è
quello che lo aveva sostituito tre anni fa ad Empoli: ma cosa si
sarebbe detto se Giampaolo fosse stato scelto dal Napoli?
Non vi sono stati fuochi d’artificio sul mercato dopo
l’arrivo del tecnico che ha allenato i più grandi, da
CR7 in giù. Ma ad Ancelotti, pare, va bene così.
Resta comunque sorprendente che l’esterno destro di riserva –
Malcuit – sia stato la sesta scelta e che il portiere-tampone –
Ospina – in attesa del recupero di Meret sia arrivato il giorno
prima dell’inizio del campionato. Le prestazioni del Napoli non
sono state esaltanti finora: tre vittorie sofferte, due di misura e
una con la magia di Insigne. Questo anche perché Castel
Volturno è tuttora un laboratorio. Ancelotti sta cambiando
volto al Napoli: sa che di tempo non ce n’è troppo,
quindi non s’intestardirà nella ricerca della formula
più appropriata per la squadra partita male in Champions e
attesa da due dure trasferte a Torino in sei giorni. Tocca
all’allenatore e ai suoi uomini risvegliare la passione
attraverso i risultati, però Napoli creda in questo percorso
tecnico, affidato ai giocatori che l’hanno già resa
calcisticamente felice e all’uomo che è venuto qui – ci
ha detto più volte – perché conquistato dalla
città che aveva conosciuto da avversario ai tempi delle
sfide scudetto col Milan.
I ricordi, si tratti delle vittorie di Maradona o del gioco di
Sarri, lontani o vicini, possono essere un peso. Ciò che in
epoche differenti hanno saputo fare Diego e Maurizio resta nella
storia del Napoli e nel cuore dei tifosi, anche perché essi
sono stati simboli della città e non solo della squadra, ma
bisogna avere la forza di guardare avanti, come spiegano Peppe
Bruscolotti e Maurizio de Giovanni. Non può essere settembre
il mese per recriminazioni e rimpianti. E comunque, dato che nel
calcio la bacheca conta, si ricordi che gli unici trofei De
Laurentiis li ha vinti grazie a Mazzarri e Benitez, due allenatori
che non riempivano gli occhi della gente.
From: Il Mattino.