(Italiano) Così Ancelotti ha desarrizzato e rimodellato il Napoli


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Dal sistema di gioco al turn over. La svolta Maksimovic con i Reds

CASTEL VOLTURNO – Un chip o peggio ancora un algoritmo, qualcosa di tecnologicamente o anche di tecnicamente avanzato: chissà mai cosa si nascondeva tra i neuroni e nella memoria – anche quella fotografica – d’una squadra partorita (quasi) dalla fantascienza? E comunque, magari banalmente, un codice, da smagnetizzare, per fare ciò che ognuno di noi è libero di esprimere: essere se stesso, modellare a immagine e somiglianza ciò che crea, senza aver la pretesa, né la presunzione, di rivoluzionare l’Universo. Semplicemente, una traccia di identità, un magnete per il futuro disegnato da Carlo Ancelotti: «Ma io non intendo rimuovere quello ch’è stato il Napoli di Sarri, che resta lì, ed è un patrimonio». E guai negarlo, perché è stato un triennio in cui Napoli è piombata nel delirio collettivo, s’è aggrappata a quei fotogrammi, un’ora e mezza di divertimento assicurato, e ne è stata a sognare: ma poi c’è altro, c’è un altro calcio, e non è né migliore e né peggiore ma semplicemente diverso, c’è una forma, uno sviluppo anche plastico, una definizione che esce fuori dagli schemi, non interpreta i rombi e né i tridenti ma è il marchio di fabbrica d’un vissuto internazionale, d’una statura che adesso s’allunga sul san Paolo e la rapisce.

DIVERSITA’ – Guai a dirglielo, anche Ancelotti nel suo piccolo può…arrabbiarsi («io non voglio la squadra con una sola natura ma un Napoli che ne abbia varie…») e così, silenziosamente, laboriosamente, in quell’orizzonte sconfinato, si sono accavallate le idee per ricomporre il puzzle secondo una personalissima visione, ampia e composita, in cui in difesa il riferimento torna ad essere l’uomo e non più il pallone e poi, piccole analogie, per esempio la linea a quattro davanti al portiere, e varie differenze: meno palleggio orizzontale; immediata ricerca della verticalizzazione; un tocco e via per andare dall’altra parte del campo, un tridente mascherato per un po’ e fino a quando, intuite le difficoltà di rimanere negli equilibri, è stato necessario abbandonarlo; un turn-over che avesse una sua esistenza autentica e pure utile, finalizzata a restituire motivazioni e a prosciugare l’acido lattico dai muscoli.

Leggi l’articolo completo sull’edizione odierna del Corriere dello Sport – Stadio

From: Corriere Dello Sport.

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