Con la Roma capace di apparecchiare il regno metafisico del male,
riuscendo a smorzare tutti i tentativi napoletani e ad essere
pericolosa due volte, con un gol, un pareggio sembra la traversata
del Mar Rosso, con i suoi vantaggi. Tutti di testa e nervi, una
tenuta da squadra di scacchi, fino al novantesimo, l’opera sul
filo, la compie Mertens, ma è una elaborazione di tutti, che
passa per i piedi di tutti e prima per la calma di ogni singolo
calciatore. Con Ancelotti che fuma di lato, in piedi, come un
vulcano, il sopracciglio, che sembra uno di quei segni animati da
film di Maurizio Nichetti, che si alza a pennacchio e la squadra
che macina macina senza segnare. Sembra impossibile fare un gol
alla Roma. Ci provano tutti, ma ogni tentativo tramonta o in calcio
d’angolo (alla fine saranno 17) o nelle mani di Robin
Patrick Olsen, il portiere svedese della squadra di Eusebio Di
Francesco. La palla corre, alta per il primo tempo a cercare Milik,
bassa nel secondo sperando in Mertens e Insigne, Fabian Ruiz sempre
più piccolo Gerrard, Allan cane sciolto e Callejon re dello
spazio, ma non basta. Mancano centimetri a volte ai cross, altre
per non finire in fuorigioco, quello di una linea difensiva romana
che si alza a fisarmonica, e che lascia l’amaro ai tonni
spiaggiati del Napoli.
From: Il Mattino.