L’ex Milan, Napoli e Udinese si racconta: “Soffro di sonnambulismo, nei miei sogni mi sembra davvero di vivere come nella realtà”
ROMA – In Serie A ha vestito la maglia di Udinese, Napoli e Milan, in Inghilterra quella del West Ham. Pablo Armero è riuscito a giocare a buoni livelli anche in Europa, ma è in Sud America e con la nazionale della Colombia che si è fatto apprezzare in tutto il mondo, soprattutto con le divertenti esultanze ai Mondiali in Brasile del 2014. L’esterno si è raccontato a Marca, partendo dai suoi inizi e gli idoli: “Il mio più grande idolo era Roberto Carlos e in Brasile mi hanno chiamato il Roberto Carlos nero. Per me è stato un privilegio. Sono stato fortunato a giocare nel campionato brasiliano e questo mi ha aperto le porte del calcio europeo. Fortunatamente all’Udinese ho avuto la fortuna di aver avuto un’ottima stagione. Sono stato in grado di adattarmi rapidamente e questo mi ha permesso di condividere il campo con i grandi giocatori di Serie A di quel tempo“.
Prestazioni che gli hanno consentito di diventare un punto fermo della Colombia: “È stato un orgoglio far parte della nazionale, è una grande soddisfazione. Il professor Pékerman e il suo staff tecnico avevano molto da fare. Ci ha aiutato a riunirci e a credere che fossimo tutti importanti. Se eri in una grande squadra o in una piccola, al mister non importava. Dobbiamo ringraziarlo per quello che ha fatto. Andare a due Mondiali non è una cosa facile e Pékerman l’ha fatto. Insieme a Zuñiga abbiamo fatto un ottimo processo, le persone si sono abituate a noi. È stato molto bello“.
Nel 2016 è stato arrestato negli Stati Uniti per una presunta violenza in famiglia. Successivamente sua moglie ha smentito di aver subito aggressione fisica, ma Armero si ero dovuto comunque presentare davanti al giudice: “Grazie a Dio, la mia famiglia e tutte le persone che mi conoscono sanno che tipo di persona io sia. Tutto alla fine è tornato alla normalità, perché tutto quello che è stato detto su di me non corrispondeva a realtà. Ma questa è la vita, bisogna pensare positivo. Sono un uomo di fede e tutti sanno che non sono come mi hanno provato a dipengere“.
Altro passaggio dell’intervista il suo test alcolemico in Colombia: ”Non capisco perché dovessero registrarmi visto che era un normale controllo. E l’uomo mi ha parlato provocandomi. Gli ho detto di farmi il test e non me l’hanno fatto, poi però hanno detto che me ne sono andato. Perché farlo in questo modo, un poliziotto ha tutto il diritto di fermarmi e farmi un controllo, non c’è nulla di scandaloso. Dico solo che non ci sarebbero dovute essere così tante persone a registrarmi. Quando mi fermarono sulla strada per Pance, quella era una strada a senso unico, così gli dissi di fare il test più tardi, alla stazione di polizia. Non l’ho ignorato, l’ho fatto solo per evitare incidenti. Non mi sono schiantato e non ho investito nessuno, quindi non capisco perché abbiano dovuto registrarmi. Sono sempre stato disposto a collaborare, ma ho visto l’intenzione che il test venisse pubblicato in video ed essere così visto ovunque, e questo non mi ha dato fiducia“.
Divertente (ma molto rischioso) il suo aneddoto sul sonnambulismo: ”Sono un sonnambulo. Ho dei sogni molto reali. Una volta mi sono alzato e ho visto una persona entrare dalla finestra. Ho sentito quella persona entrare e prendere il portafoglio di Camilo Zúñiga, quindi ho iniziato a urlare. Mentre sono uscito, ho visto che la persona stava per saltare dal balcone e sono andato dietro di lui. Se non fosse stato per il fatto che dormo nudo e che era inverno, mi sarei ammazzato”.