(Italiano) Caso Koulibaly, l’anatema di Power: «Pugno duro contro il razzismo»


CONDIVIDI/SHARE

Sorry, this entry is only available in Italiano. For the sake of viewer convenience, the content is shown below in the alternative language. You may click the link to switch the active language.

image

Il razzismo nel calcio è un fenomeno che parte da lontano e
infatti vent’anni fa, febbraio 1999, a Vienna nacque Fare,
acronimo di Football Against Racism in Europe. Il direttore
esecutivo dell’associazione che lavora a stretto contatto con
Fifa, Uefa, federazioni e governi nazionali contro il razzismo
è Piara Powar, che anche a distanza di quasi due settimane
si dichiara «scioccato» per quanto ha subito Koulibaly
al Meazza durante Inter-Napoli nel Boxing Day e suggerisce un
immediato inasprimento delle pene per il razzismo negli stadi, come
Daspo più lunghi per chi espone striscioni o fa cori e
penalizzazioni in classifica per i club.

Come giudica quanto è accaduto a Koulibaly il 26
dicembre?

«È stato scioccante e vergognoso assistere
all’ennesimo episodio di razzismo contro questo giocatore. Il
difensore del Napoli è stato costantemente bersaglio di un
allarmante livello di abusi razzisti nelle partite contro
l’Atlanta, la Juventus, la Lazio e, pochi giorni fa,
l’Inter. Troppo spesso le pene inflitte dalle autorità
calcistiche italiane sono deboli e inefficaci».

Koulibaly, oltre al danno delle offese, ha anche subito la
beffa della giornata in più di squalifica per l’applauso
rivolto all’arbitro Mazzoleni: un provvedimento giusto, la
seconda ammonizione, considerando il clima che c’era al Meazza
quella sera?

«No, non è stato giusto. Purtroppo accade che un
giocatore maltrattato dal pubblico avversario lo segnali
all’arbitro: egli non riesce ad agire in modo efficace e quindi
il giocatore viene espulso. Ciò accade in tutta Europa e
mostra il ripetuto fallimento nell’opera di protezione di
questi giocatori. I regolamenti internazionali dicono che un
arbitro può fermare la partita e avvertire il pubblico sul
rischio di sospensione. Alla terza interruzione c’è la
possibilità di abbandonare il campo se i cori non si
fermano. Questi regolamenti sono stati introdotti dall’Uefa nel
2013 e dalla Fifa nel 2017. Le federazioni nazionali sono chiamate
a rispettarli, tuttavia in molti paesi i regolamenti non sono in
vigore. I dirigenti non si preoccupano di concentrarsi su questi
aspetti, gli arbitri non ne sono a conoscenza o non sono abbastanza
coraggiosi da far rispettare le regole. Questo è chiaramente
ciò che accade in Italia. Segnalo anche il caso di Claudio
Gavillucci, che è stato l’unico arbitro italiano a
fermare una partita a causa di cori razzisti (Samp-Napoli dello
scorso campionato, ndr): da allora non ha più arbitrato una
partita di serie A e ciò suscita grandi
interrogativi».

Quale messaggio Fare dedica a Koulibaly?
«Il mondo del calcio è con te nella battaglia per fare
fronte a questo spaventoso razzismo. Molti giocatori di spicco, tra
cui Cristiano Ronaldo, Mo Salah e Dries Mertens, compagno di
Kalidou nel Napoli, si sono fatti avanti per supportarlo e questo
dimostra la solidarietà su cui lui può
contare».

From: Il Mattino.

CONDIVIDI/SHARE