(Italiano) Cori contro i napoletani, la multa ​è ridicola: 10mila euro alla Juve


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Costa poco offendere in pubblico, nello stadio della squadra più vincente d’Italia, una città e i suoi abitanti: diecimila euro. È la sanzione inflitta alla Juve per «un coro denigratorio di matrice territoriale al 43’ del secondo tempo» della partita di Coppa Italia contro il Genoa, come scritto con stile notarile dal giudice sportivo della Lega serie A. Vergognosi quegli insulti a Napoli e ai napoletani (e napoletano era anche l’arbitro Maresca). Nessun accenno alle offese al procuratore federale Pecoraro, anch’egli napoletano, dopo lo scontro giudiziario con Agnelli e il suo staff per la questione dei biglietti offerti agli ultrà in odore di ‘ndrangheta. 

Questa grave situazione si ripropone in occasione di ogni partita della Juve, ma passa sempre sotto silenzio. Certo, dopo lo choc del 13 novembre – sconfitta contro la Svezia ed esclusione dai Mondiali – la Federcalcio è senza presidente e la Lega serie A è ancora commissariata. Ma ci vorrebbe una risposta forte di fronte ai comportamenti di questi mentecatti. Anzitutto da parte del Napoli, che in più momenti con i suoi tesserati più autorevoli, compresi De Laurentiis e Sarri, ha sottolineato la portata di queste manifestazioni razzistiche nei confronti della tifoseria napoletana. L’allenatore lo ha fatto due mesi fa dopo la partita contro l’Inter al San Paolo, dopo aver segnalato in campo all’ispettore della Procura federale i cori che partivano dal settore dei tifosi nerazzurri. Fa male pensare che quelle offese all’Allianz Stadium, la casa della Juve, si siano ascoltate proprio nel giorno in cui Koulibaly, ospite di un forum al Mattino, ha parlato della sua battaglia al razzismo, lui che venne barbaramente offeso dagli ultrà della Lazio in una partita di quasi due anni fa. Il calcio italiano conferma, anche attraverso questa vicenda, i suoi gravi limiti e il suo profondo squallore.

Fu un errore eliminare le sanzioni più dure – chiusura dei settori dello stadio – per i cori di discriminazione territoriale. Ci venne spiegato nell’estate 2014 dal neo eletto presidente Tavecchio che bisognava farlo perché a livello internazionale quel “tipo” di razzismo non esisteva. Un unicum italiano, che riguarda soltanto Napoli e soltanto i napoletani. Come può guardare al futuro un sistema che tollera ancora questo tipo di violenza morale e che la fa passare quasi per routine? Tu offendi e io ti multo, peraltro di 10mila euro, praticamente nulla per un club che ha un fatturato da 300 milioni. Il Napoli dovrebbe combattere una battaglia quotidiana, chiedendo se necessario la revisione del codice di giustizia sportiva, affinché le sanzioni siano più aspre, ovvero adeguate a offese che vengono sistematicamente ripetute nell’indifferenza generale, ovviamente anche della Juve: mai una parola detta dai suoi dirigenti e giocatori per fermare questa campagna di odio. Domani i bianconeri torneranno in campo a Torino per affrontare la Roma: dovremo aspettarci un altro squallido show anti Napoli?

Quando la discriminazione territoriale venne cancellata dall’articolo 12 del codice di giustizia sportiva, Tavecchio parlò della necessità di «adottare interventi ponderati e di evitare provvedimenti drastici». Un errore, un altro errore, forse dettato anche dal desiderio di non penalizzare le big del Nord – Juve, Inter e Milan – con la chiusura dei settori dei loro stadi per striscioni e cori contro i napoletani. Se l’Italia non è più credibile calcisticamente non è soltanto perché un modestissimo allenatore non è riuscito a portare una normale Nazionale ai Mondiali. Lo è anche per questi motivi, per questa leggerezza con cui vengono (non) affrontati problemi seri, come gli atteggiamenti razzisti nei confronti di una squadra – per inciso, la prima in classifica e la più bella del campionato – e di una città. È disprezzo puro, come quello che avvertì Maradona nell’estate dell’84, fin dalla partita di esordio nel suo primo campionato, a Verona, dove l’odio verso i meridionali è anche questione sociale e politica. Come accadde ai tempi di Diego, sarebbe ancor più bello vincere lo scudetto per spegnere quelle voci, che nel caso della tifoseria juventina partono perfino da figli e nipoti di immigrati meridionali: l’urlo che salirebbe da Napoli il 20 maggio sarebbe più forte di tutto.

 

From: Il Mattino.

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