C’è chi resta e va avanti, chi invece saluta. Questione di crono e di velocità. In acqua e in pista non ci si può distrarre un attimo. Pericoli ovunque, insidie improvvise. «Ad impossibilia nemo tenetur», avrà pensato il colosso di Massa di Somma, alla sua prima esperienza a cinque cerchi. Chiude ottavo assoluto nel singolo maschile, secondo dietro alla Germania, Gennaro Di Mauro. Il futuro è certamente suo per forza ed esplosività. Anche il dato anagrafico gioca in suo favore. Scuola Canottieri Napoli, tesserato per il Circolo Canottieri Aniene, il 19enne napoletano riporta l’Italremo nella top 12 olimpica a 33 anni di distanza dal decimo posto di Giovanni Calabrese, fatto registrare a Seoul nel lontano 1988.
«Questa Olimpiade è stata un’esperienza indimenticabile, è stato bello esserci. Sono cresciuto gara dopo gara, migliorando sempre. Sono molto soddisfatto di come è andata la finale B. Sapevo che sarebbe stato un match molto duro», racconta il giovane debuttante azzurro. Al Sea Forest Waterway si fa onore, battaglia, balza subito in avanti e ingaggia un duello furioso. Remate, remate e ancora remate nelle acque nipponiche. «Sono partito deciso, ho martellato bene sul passo per restare attaccato al tedesco Oliver Zeidler, poi ho dato tutto in finale, sapendo bene che il canadese Trevor Jones era molto forte nel serrate».
Bilancio personale positivo. Sono contento per la finale e soprattutto sono contento in generale della mia Olimpiade, per ogni attimo vissuto, persino per la polemica sul mio cappellino. È un portafortuna, andrò in gara sempre con quello, qualunque cosa dicano gli altri». Risponde con garbo alla querelle innescata a distanza. Per ripararsi dal sole, Gennaro (ph Canottaggio.org) ha indossato sempre un cappello (modello Sampei per intenderci), che non è piaciuto al commentatore della BBC, James Edward Craknell, già vincitore di due medaglie d’oro alle Olimpiadi di Sydney 2000 nel quattro senza e ad Atene 2004, nonché campione del mondo 6 volte dal 1997 al 2002. Brucia ancora, probabilmente, la recente sconfitta dei suoi connazionali, che hanno seriamente compromesso la prestazione dei Faboulous Four azzurri (veri leoni italici Marco Di Costanzo, Matteo Castaldo, Giuseppe Vicino e Matteo Lodo con la scellerata manovra e la collisione conseguente), così come l’esito di Euro 2020 nella notte di Wembley con le super parate di Gianluigi Donnarumma ai calci di rigore, esaltate pubblicamente dal presidente del Consiglio, Mario Draghi. Ah questi sudditi di Sua Maestà, solerti a polemizzare e non certo avvezzi ad impartire lezioni di stile. Germania uber alles (6’44”44), seguita dall’Italia (6’47”38) e dal Canada (6’48”51) sul terzo gradino del podio.
«Gambe, testa, cuore, ma per la finale, ci vorrà anche un po’ di fortuna’». L’ingegnere di Posillipo scalda muscoli e motore, chiude terzo e stacca il pass per la semifinale. Buon approccio quello di Alessandro Sibilio, altro esordiente ai Giochi nei 400 ostacoli (49”11). Invoca la sorte, -scaramanzia regola aurea-, ma conta sulle sue competenze. «I miei avversari hanno pagato, mentre io so di poter dire la mia, se distribuisco con più attenzione. In ogni caso, domani per passare dovremo fare l’impresa. Bisognerà partire sicuramente più veloci, ma senza strafare», ammette la freccia azzurra. Minimizza la pressione. «Ho provato a sentirmi come fossi ad una gara regionale, per non sentire troppo il peso dei Giochi. Spero di incrociare ancora il primatista del mondo Karsten Warholm in semifinale: è come una specie di treno, spinge tutti a migliorarsi», osserva il campione d’Europa under 23 (Colombo/Fidal), insignito a Palazzo Chigi, dove ha incontrato Lorenzo Insigne e Leonardo Bonucci.
Capolinea. Si è conclusa anticipatamente la permanenza in Giappone di Dariya Derkach nel triplo. La bellissima bionda «paganese», classe 1993, che si allena al CPO di Formia, diretto da Davide Tizzano, saluta anzitempo. Fuori l’atleta campana, alla quale sfuggono i quattordici metri e non può bastare il 13,90 (+0.3) del terzo turno, dopo un 13,69 (+0.4) e un 13,73 (+0.5) nei primi due ingressi in pedana. Amarezza evidente per la figlia d’arte: mamma Oksana è stata una valida triplista (14.09 il record personale). L’avventura olimpica finisce, continua per altri.