A 34 anni Gonzalo Higuain ha deciso di dare l’addio al calcio, uscendo dal mondo dorato della Mls – il campionato americano – che lo aveva accolto dopo la sua esclusione dal grande circuito europeo. Aveva giocato in alcuni dei club più forte del Vecchio continente, del vero calcio: Real Madrid, Napoli, Juve, Chelsea e Milan. Già, il Napoli.
In quell’estate di nove anni fa, dopo l’arrivo di Benitez, Aurelio De Laurentiis volle dare un marchio ancor più internazionale al Napoli. E così arrivarono Reina, Mertens e soprattutto i tre del Real Madrid: Albiol, Callejon e appunto Higuain, che tre anni prima aveva giocato i Mondiali con la Seleccion di Maradona. Primi due anni quasi anonimi, con l’ultima deludente partita del campionato 2014-2015 che costò la qualificazione Champions: il Pipita sbagliò il rigore contro la Lazio. Poi Sarri, l’anno più bello ed esaltante, con 36 gol in 35 partite, una prodezza dopo l’altra. Il 4-3-3 ad esaltare il bomber. Ma dietro i gol e gli abbracci con Sarri c’erano le tensioni per il contratto tra De Laurentiis, Gonzalo e suo fratello Nicolas, che ne curava gli affari. C’era la clausola da 94 milioni. Chi la pagava si portava via Higuain senza trattare col Napoli. Ed arrivò chi se lo portò via: la Juve, che pagò cash, con uno sconto di 4 milioni.
Quell’affare – per Higuain come per il Napoli – fece imbestialire la piazza napoletana. Il Pipita diventò nemico giurato, come se i 90 milioni fossero finiti nelle sue tasche. Esplose la contestazione nei confronti di un attaccante che aveva fatto benissimo il suo dovere in azzurro, con 91 gol in 146 partite. Una sera di cinque anni fa al San Paolo Higuain segnò (e la Juve, guarda i casi del destino, aveva la divisa azzurra) ed indicò De Laurentiis in tribuna: «Es tu colpa». Per i fischi di Fuorigrotta a ogni tocco, per i cori duri. La cessione di Higuain ha rappresentato il vero momento in cui De Laurentiis e la piazza si sono ritrovati dalla stessa parte.
Higuain ha raramente parlato del Napoli, perché l’addio fu traumatico. Ma lo ha fatto nel giorno dell’addio all’Inter Miami e al calcio, ripercorrendo la sua carriera tra le lacrime. «Napoli. Una squadra a cui sarò sempre grato per quello che vivemmo insieme e per come mi trattarono. Il terzo anno fu il migliore della mia carriera grazie a Mister Sarri e ai miei compagni. Molto bello essere stato in quel club». I fischi e veleni sono un ricordo adesso che il film di una grande carriera (che poteva essere ancora più bella e durare ancora di più) è ai titoli di coda.