Il corpaccione di Samir Handanovic si stende sulla vittoria dell’Inter: squadra e strategia coincidono con la sua area. E per quanto Antonio Conte si voglia incazzare ogni volta che un Fabio Capello o uno di noi gli ricorda che è un difensivista, rimangono i fatti crudi, che sono ostinati come diceva Michail Bulgakov. Handanovic, le sue mani, i suoi piedi e il suo istinto, sono la partita dell’Inter, attendista e sorniona, che pure quando il Napoli rimane in dieci per l’espulsione di Lorenzo Insigne che ha una carriera parallela da Eminem napoletano e rappa parolacce mentre si gira e rigira non avanza, ma amministra.
Prima non prenderle, diceva Nereo Rocco, e per non prenderle tocca avere un grande portiere capace di sentire la direzione della palla, anche e soprattutto quando non la vede partire. È un portiere con una biografia e mille parate a tenerla, non lo scopriamo adesso, ma ogni volta che difende la porta come ha fatto contro il Napoli lo stupore torna. Perché capace di generare delusioni e amarezze come e più di un attaccante. Di fatto il migliore in campo, per come incide sul risultato, salvando prima il pareggio e poi garantendo la vittoria. A fronte di una Inter tutta carambola e rimando, rimessa e attesa, Handanovic è un pirata salgariano, mobilissimo e pronto a non farsi sorprendere dagli attacchi del Napoli. Che sventa con apparente semplicità.
Dopo aver amministrato la sua area con uscite e prese tranquille, quando Giovanni Di Lorenzo mette in mezzo un pallone basso che Insigne si fa passare tra le gambe e tocca di tacco, alla Bruno Conti82, nonostante non veda partire il pallone e nonostante un colpo di tacco cambi repentinamente direzione alla palla, il portiere sloveno, sente a orecchio il sibilo e respinge, negando il gol al Napoli e pesando sul nervosismo di Insigne che lo porta all’espulsione tre minuti dopo. Una parata doppia con regalo dell’uomo in più.
La seconda parata decisiva è su Matteo Politano che, servito da Hirving Lozano in area, ha il tempo per piazzare il suo sinistro di potenza anche senza angolarlo, ma Handanovic è sulla direzione e con una mano la devia in angolo. È sempre nel posto giusto, è sempre attento e anche quando è sbilanciato riesce a metterci la mano che basta. E si ripete sempre su tiro di Politano nel giro di poco.
Niente da fare, non c’è possibilità di segnare. E Politano rinuncia. In panchina Conte ha allestito un altare votivo con l’immagine del portiere e sta chiedendo in giro per la sua canonizzazione. Nell’altra panchina, invece, volano le imprecazioni, e Gattuso si chiede quanto costi il patto col diavolo proprio mentre Handanovic fa in tempo a gestire palle e a non preoccuparsi del tempo. I portieri sanno che in partite così non conta tergiversare, quando capiscono che non gli faranno gol, si mettono a sperimentare la magia, uomini che camminano sui pezzi di vetro. E più vetro c’è, più si divertono.
Come quando Di Lorenzo si convince d’essere un Signori e gli si para davanti, ma Handanovic respinge con i piedi il tiro alla sua sinistra. Di Lorenzo aveva Petagna da servire in area ma era in modalità Handanovic completamente stregato e asservito alla serata del portiere. Tanto che quando Petagna si gira in area è il palo che si prende la soddisfazione di far riposare il portiere dell’Inter. E il tenutario del groppo in gola, Antonio Conte, può finalmente deglutire e gioire, correndo ad abbracciare la sua squadra per l’occasione tutta risiedente in Handanovic. Corpo e parate, difesa e azione, mani, piedi e palo, padre, figlio e catenaccio. E cosìsia.