Inviato a Roma
Dalla terrazza che s’affaccia sulla città eterna coglie una profonda differenza tra la Roma e il Napoli, che non è una questione di punti, giocatori e allenatori ma di opposto approccio delle tifoserie sotto l’aspetto calcistico e affettivo. «Se dovessi guardare al di là della mia squadra direi che mi ha sorpreso in queste prime settimane di campionato la capacità di Di Francesco, il nuovo allenatore, di trovare una giusta forma alla Roma anche se sono venuti meno alcuni tasselli, a cominciare da Salah. Ha dimostrato di saper sopportare una piazza così complicata. Io ho tanti amici romanisti, tra cui Malagò, Verdone e il mio collaboratore di lungo corso Amati. Si lamentano, vorrebbero sempre di più dalla Roma. Noi napoletani, invece, siamo più amanti e più coerenti: più supporter della squadra», dice De Laurentiis nella sala riunioni della Filmauro, dove coordina il suo mondo e i suoi mille interessi. Ci sono il calcio e il cinema, presto in questa galassia potrebbero entrare un’attività per la gestione di auto d’epoca, un’industria di gelati, un’impresa di costruzioni in California e un’azienda agricola in Africa.
Rientra dagli Stati Uniti, dopo un lungo soggiorno per lavoro, e trova il Napoli primo, da solo, dopo sette giornate: sorpreso?
«Non mi sorprende e non deve farmi esaltare perché la verità la conosceremo soltanto a marzo».
Sembra che si respiri un’aria nuova perché non solo l’ambiente sogna lo scudetto ma anche la squadra ha piena consapevolezza della propria forza.
«Un anno fa siamo partiti con il problema di dover verificare cosa si sarebbe dovuto fare per sostituire Higuain. Quando Milik è venuto meno per infortunio, il nostro signor allenatore lo ha sostituito con un’altra punta, Gabbiadini, che non ha reso con continuità e aveva peraltro caratteristiche differenti rispetto ad Arek. Si è perso tempo prima di far giocare in quel ruolo Mertens e/o Callejon ed è stato questo tempo che ci ha fatto perdere lo scudetto nello scorso campionato. Questo inizio è la continuazione del precedente torneo, nella cui parte finale il Napoli ha avuto la migliore resa e ha ottenuto il massimo dei punti».
Milik si è rifatto male e un’altra punta di ruolo, fino alla riapertura del mercato, non c’è.
«Ma rispetto a un anno fa si è fatto male quasi un mese prima. Mettere un altro attaccante dietro a Milik? E quando avrebbe giocato? Io, nel pomeriggio dell’ultimo giorno di mercato, ho avuto un’idea e ho dato al presidente del Chievo, Campedelli, 12 milioni secchi, senza bonus, per Inglese, con l’accordo che avrei potuto prendere il giocatore a gennaio se mi fosse servito. Ma dato che il rientro di Milik dovrebbe avvenire a metà gennaio, dunque un mese prima rispetto ai tempi della scorsa stagione, faremo una valutazione e decideremo se il giocatore debba venire o meno dal Chievo».
Il segreto del Napoli è che non ha toccato l’organico?
«Noi abbiamo lavorato sul fronte dei rinnovi, cominciando due anni fa, quando sono stati prolungati gli accordi con Albiol e Callejon. Dodici mesi dopo, sono cominciate le trattative con Mertens e Insigne, definite prima della fine dello scorso campionato. Si è detto che non abbiamo fatto acquisti. E Mario Rui, un esterno che conosce benissimo il gioco di Sarri? E Ounas, un talento che può entrare al posto di Callejon e sbloccare le partite? Un vice per Hysaj? Io sono soddisfatto di Maggio, che è sempre una garanzia quando viene utilizzato».
Ma non sarebbe dovuto arrivare un vice Reina? Era stato trattato Szczesny, ex portiere della Roma, e poi?
«Lui non voleva fare il secondo: ha accettato di farlo per Buffon, un Pallone d’oro dei portieri. Avevamo anche parlato con l’agente di Neto ma i suoi sì sono stati sempre vaghi: sembravano risposte date in attesa che arrivasse un’altra proposta».
È un problema avere due titolarissimi, Reina e Ghoulam, in scadenza di contratto?
«Il discorso con Reina si è bloccato perché il suo agente voleva un contratto triennale. Non avrei potuto farlo perché ancora fatturiamo cifre basse e io devo far stare tranquilli i supporter di questi colori. Vediamo come va la stagione di Reina, se fa errori: c’è sempre tempo per fare un contratto».
E Ghoulam?
«Situazione in fieri. Io sono un estimatore di questo ragazzo, lo vorrei con me tutta la vita, lo amo. È una macchina inarrestabile, non ha bisogno di lunghi tempi di recupero. Lo confermerei per cinque anni, ma non è insostituibile. Per questo è stato preso Mario Rui».
C’è un problema sulla clausola rescissoria da inserire nel nuovo contratto?
«Non vorrei metterla ma se la mettiamo la decido io, considerando che non è un centravanti. Non andrebbe bene se volesse prendermi in giro proponendo una clausola bassa. Ghoulam è un calciatore perfetto, però non esiste solo lui e qua nisciuno è fesso. E chiarisco, a scanso di equivoci: resta fino al termine della stagione».
Sarri quali giocatori aveva chiesto?
«Sarri non chiede giocatori. Dice: datemeli e io li alleno. Maurizio è molto migliorato. Quando era in C e in B, aveva un limitato gruppo di calciatori e quelle pedine muoveva. A Napoli ne ha trovati 25, in prima fila uno come Higuain, e ha imparato a utilizzare risorse più grandi. Sarri sta crescendo sempre più. Dopo questo campionato e il prossimo, si divertirà a cambiare e gestire vari moduli».
Ma c’è una clausola da 8 milioni che consentirebbe all’allenatore di lasciare il Napoli nella prossima primavera.
«Sarri l’ho voluto io e mi sono beccato le scritte contro della curva: adesso, però, nessuno scrive grazie… Di Sarri ero innamorato prima e lo sono ancor di più oggi. Ha un dono: non è rompicoglioni. E con lui, poi, non parli solo di calcio. Le attenzioni di altri club nei suoi confronti? Meno male che hanno messo gli occhi su di lui… Io spero che resti con noi dieci anni. Se non accadrà, ce ne faremo una ragione e andremo avanti. Il nostro è un costante processo di crescita cominciato con Mazzarri e Benitez. Non ci siamo sbagliati nelle scelte fatte in questi anni. Si è discusso sul lavoro di Rafa, ma io ricordo che ha portato a Napoli giocatori come Callejon e Jorginho, mentre Mertens lo abbiamo scelto noi. Adesso quest’allenatore sta facendo buoni risultati in Premier League con il Newcastle».
La clausola che può liberare Sarri non la preoccupa?
«Mi preoccupo solo della mia salute: se mi assiste, vedremo anni azzurri gloriosi. Vediamo quanto riusciamo a crescere».
Dipende dalle vittorie?
«Penso alla vendita dei diritti televisivi all’estero. Non sappiamo massimizzare i nostri risultati. Il ministro Lotti avrebbe dovuto far sì che vi fosse assoluta libertà, invece ci troviamo con Infront che non svolge solo il ruolo di advisor: ha fatto un’asta e ha offerto i diritti televisivi della serie A, che so, a Londra senza che vi fossero rappresentanti dei club. Con quale titolarità? Sono critico nei confronti di questo mondo perché vorrei vederlo migliorare. Ho fiducia in Ceferin, il nuovo presidente dell’Uefa: viene dalla Slovenia, un territorio libero. La Eca, l’associazione dei club europei, mi ha affidato l’incarico di guidare la commissione marketing: dobbiamo lavorare molto in questa direzione, ci sono cambiamenti continui, con club che puntano alla creazione della Superlega. Sembra così difficile essere ascoltati. Quanti discorsi, ad esempio, sono stati fatti sul format del campionato di serie A?».
Spaccatura sempre più netta tra il vertice e il resto delle squadre ma non si cambia il modello con venti squadre.
«C’è sproporzione tra i club, il campionato non è veritiero. Io apprezzo un presidente come Campedelli, che gestisce nel modo giusto una squadra originaria di un quartiere di Verona. Poi c’è chi viene in A soltanto per beccarsi i soldi del paracadute per chi retrocede, un’idea di Lotito che avrebbe voluto diventare presidente della Lega di serie B. A me piacerebbe avere un’altra squadra affinché vi possano essere scambi di giocatori: sarebbe per loro un’occasione di crescita. Avevo provato anche all’estero con un club della Terza divisione inglese e un altro della Seconda lega americana. Intanto, un’idea per utilizzare di più i calciatori a disposizione dell’allenatore sarebbe passare da tre a cinque sostituzioni».
A proposito di cose nuove nel vecchio mondo del pallone, il Var fa innervosire la Juve. E se questa tensione fosse dovuta anche al primato del Napoli e alla sua partenza sparata?
«Il Napoli è non è partito sparato: abbiamo cominciato il campionato in modo coerente rispetto a quanto fatto nella seconda parte dello sorso campionato. Aggiungendo qualcosa e non togliendo nulla. Se fossi nella Juve, dopo aver vinto tanti scudetti, mi preoccuperei e un po’ di nervosismo potrebbe pure esserci: perché un anno puoi compensare le partenze, poi nel tempo emergono le differenze».
C’è un giocatore che sta segnando meno nella Juve: si chiama Higuain.
«Non dico niente su Higuain. Faccio, invece, un ragionamento. Dalla Juve sono partiti giocatori che erano stati fondamentali per i successi. Posso fare il nome di Bonucci e, andando indietro, di Pirlo. Ci sono altri che sono usciti dalla squadra prima che completassero il processo di crescita: Morata e Pogba, ad esempio. Io uno come Pogba non lo avrei mai lasciato partire, così ti indebolisci. Poche sere fa a Los Angeles ho avuto mio ospite a cena un grande della Juve».
Chi?
«Del Piero. Ho cucinato per lui linguine al tonno… Ricordo ancora Alex contro il Napoli anche in serie B: che campione, che punizioni».
Il suo giudizio sul Var?
«Strumento benedetto. Ho sentito discussioni sul tempo che si perderebbe per esaminare al video un’azione. Ma una pausa di un minuto e mezzo dà la possibilità di tirare il fiato all’arbitro, ai giocatori, agli allenatori. E il gioco risulta meno spezzettato, si sono già ridotte le ammonizioni Io mi ero annoiato vedendo il calcio italiano in tv, preferivo vedere quello della Premier. Altro, non secondario, aspetto: i calciatori sono più onesti, prima sembravano recitanti».
La classifica dopo sette giornate è anche un’occasione di riscatto per i tifosi?
«Questi punti li inorgogliscono: quelli vorrebbero gettarci addosso la lava del Vesuvio e invece noi… Sono contento che la gente si goda lo spettacolo. Io lavoro per il mio pubblico, sono ultra-democratico e accetto le critiche nel calcio e nel cinema. Perché in fondo a una critica puoi trovare verità o ignoranza».
Al San Paolo per la prima partita di Champions contro il Feyenoord c’erano 22.577 spettatori: deluso?
«Macché. Ne sono venuti tanti, invece. Se fisso un prezzo per i biglietti delle partite di Champions, deve essere univoco. Perché dovrei modificarlo se l’evento a me costa? All’inizio della stagione noi stabiliamo i prezzi. Quanto agli abbonati, non dobbiamo garantire il privilegio di un certo prezzo: ne diamo altri, come occupare lo stesso posto allo stadio. L’abbonamento dovrebbe costare due volte in più rispetto al prezzo del biglietto, non in meno. E poi quella gara col Feyenoord era trasmessa in chiaro in tv».
Restano comunque pochi 22.577 spettatori.
«Su indicazione di Serena Salvione, che da un anno si occupa della diffusione del brand Napoli in Oriente, abbiamo affidato un’indagine di mercato alla Nielsen sui tifosi del Napoli. Abbiamo scoperto che nel mondo ne abbiamo 35 milioni, oltre a 120 milioni di simpatizzanti, che considerano questa come la loro seconda squadra. Abbiamo un profondo rispetto verso il nostro pubblico. Presto apriremo un museo itinerante sulla storia del Napoli grazie alla collaborazione del Museo archeologico nazionale: in tre saloni sarà possibile rivivere il percorso che ha compiuto il club. E ci sarà presto un’altra novità: avremo una squadra di calcio femminile perché è il momento di dare impulso al settore così come è stato fatto in tanti Paesi con risultati molto apprezzabili. Le due squadre potrebbero giocare nello stesso giorno, uno spettacolo che durerebbe sei ore allo stadio».
Presidente, scelga: scudetto o Champions?
«Due competizioni importanti, abbiamo venticinque giocatori per affrontarle e, se Sarri dovesse notare qualcuno demotivato o distratto, ne schiererà altri motivati».
Quando torna al San Paolo?
«Non rispondo. Non sono venuto e abbiamo vinto».
From: Il Mattino.