Una volta imparata la pronuncia del nome della squadra (e anche della città) che questa sera affronterà il Napoli nell’ultima amichevole lontano dal San Paolo, si è già a metà dell’opera. Il Bournemouth è la squadra che gioca nel sud ovest dell’Inghilterra – dove spira un vento tale che il sole e la pioggia si alternano con una rapidità quasi impercettibile – e ha nel proprio allenatore il punto di forza più famoso del paese.
Eddie Howe, infatti, è nato e cresciuto in città: tassisti e ristoratori lo considerano uno di loro per simpatia e disponibilità. Dopo aver smesso di giocare (inutile dirlo, proprio nel Bournemouth), si è seduto sulla panchina e ha portato la squadra sulla ruota panoramica, proprio come quella che troneggia sul lungomare della città. Promozione storica in Premier League e non solo. Lo scorso anno ha compiuto un piccolo grande miracolo sportivo conquistando il nono posto in classifica, a pari punti con gli odiatissimi rivali e vicini di casa del Southampton. Sarri lo conosce bene perché ai tempi dell’Empoli Howe andò a seguire da vicino i suoi allenamenti per studiarne i metodi e rubare qualche segreto. In Inghilterra, invece, c’è già chi scommette sul suo futuro da ct della nazionale (o come erede di Wenger all’Arsenal), ma a Bournemouth se lo godranno ancora. Almeno per questa stagione, dove la società gli ha messo a disposizione un giovane di prospettiva come il centrale olandese Nathan Aké (piccolo sosia di Gullit, arrivato dal Chelsea per 23 milioni e diventato l’acquisto più caro della storia del club) e l’attaccante di esperienza Jermain Defoe che torna dopo il record dieci gol in dieci gare consecutive della stagione 2000-01. L’arrivo di Begovic (portiere bosniaco che l’anno scorso ha fatto il vice di Courtois al Chelsea) impone un inevitabile ballottaggio con Artur Boruc, cattolicissimo numero uno polacco diventato famoso per la sua maglietta “Wojtyla ha riempito la mia vita” ai tempi del Celtic.
Quello di Howe è il classico 4-4-2 all’inglese: palla lunga per la punta e tanta corsa. Nel caso di specie, oltre a Defoe l’attaccante di riferimento è Afobe che nell’ultima amichevole, quella del 2 agosto contro lo Yeovil Town Fc (club di League two), ha realizzato una doppietta nel 3-1 finale e ha dichiarato “alla prossima partita voglio farne tre”. In Inghilterra li chiamano Cherries (ciliegie), nome dato dal colore delle maglie (rosso e nero) e dalla presenza degli alberi di ciliegio in tutta la zona – King’s park – del Vitality Stadium. Un piccolo gioiello da 12 mila posti che seppure sia stato restaurato nel 2001, è destinato a restare la casa del Bournemouth ancora per poco. Tra un paio di anni, infatti, i Cherries si trasferiranno altrove (non troppo lontano da lì) e al suo posto ci sarà un parcheggio per auto. Intanto, un passo prima dell’ingresso principale è incastonata nel pavimento una capsula del tempo con scritto “Non aprire prima del 2110”. Al suo interno sono custoditi i cimeli storici del club che devono essere conservati fino alla data stabilita (ovvero 200 anni dalla costrizione originaria dell’impianto).
All’interno, invece, troneggia la scritta con il motto della squadra “Togheter anything is possibile”, insieme tutto è possibile, proprio come pronunciare (in coro) correttamente il nome della squadra e della città di Bournemouth.
From: Il Mattino.