(Italiano) Koulibaly gioca Roma-Napoli: «Con Sarri il calcio è matematica»


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Francese di nascita, senegalese nel cuore, napoletano d’adozione. «La squadra dove mi sono diverto di più in assoluto», così Kalidou Koulibaly, difensore azzurro, a pochi giorni dalla grande sfida contro la Roma. Il Senegal lo vede solo quando indossa la maglia della nazionale, la sua vita è in Europa, sotto al Vesuvio. «Mio papà, operaio, e mia madre, cameriera, sono andati via dall’Africa per ragioni di lavoro, ma io ho sempre vissuto a contatto con persone del Senegal, sono cresciuto con una doppia cultura. Il mio quartiere ne era pieno, a casa parlavo la lingua madre, con gli amici pure. Con loro ho cominciato a giocare al calcio. Dicevano che ero forte».

Forte e grosso.
«Stavo sempre con quelli più grandi. A 10-12 anni, ho cominciato a capire che forse potevo fare il calciatore e ci ho provato. Ed eccomi qui».

Giocare e guadagnare, il sogno di tutti.
«Sì, specie per chi non viveva con molti soldi. Non si guadagnava molto, il calcio mi ha dato tanto».

Perché ha scelto il Senegal e non la Francia.
«Perché le porte erano più aperte e mi sono lanciato. Scelta fatta appena arrivato a Napoli, quattro anni fa. Non ne sono affatto pentito, perché mi sento senegalese».

In Africa tanti talenti e un calcio che alla fine non decolla mai. Si è dato una spiegazione?
«È una questione di strutture. In Europa si sta più avanti, da noi non ci sono campi adeguati. Il salto di qualità diventa difficile, siamo molto indietro. Certe volte vai a giocare in terreni senza erba, il talento non cresce. È una questione di struttura. Gli africani sono molto forti fisicamente, ma certe volte non basta».

Lei è vissuto con il mito di…?
«Thuram, Desally. Più Thuram, però. Classe, tecnica, forza fisica. Tutto. Faceva il terzino, un calciatore straordinario».

Il suo primo anno a Napoli non benissimo.
«Venivo dal Belgio, calato nel calcio italiano completamente diverso. Benitez mi ha aiutato, Sarri mi ha riscoperto».

Ma è così geniale il suo allenatore?
«Sì, è così. Vede cose che altri non vedono. Ti fa capire quanto nel calcio nulla deve essere imprevedible. È uno studioso. Qualsiasi domanda tu gli faccia, lui ha sempre una risposta. E ti fa pensare come componente di una squadra e non come singolo. Proprio oggi mi ha fatto vedere un video con dei miei errori, così mi aiuta a migliorare. Quando è arrivato mi ha detto: Se fai come ti dico io diventerai un grandissimo. E io ci sto provando, ma so che posso ancora migliorare. Con Sarri il calcio è matematica».

Le ha fatto vedere anche un video di Dzeko?
«No, ci ha fatto vedere i video della Roma. Sabato non sarà un duello tra me e lui, è una partita tra Roma e Napoli. Se non siamo squadra rischiamo di perdere, al contrario è più facile vincere. Io posso anche fermare Dzeko, poi magari fa gol un altro ed è finita».

Però Dzeko a Napoli, lo scorso anno, è stato determinante.
«Sì, è vero. Speriamo di essere bravi noi a fermarlo. Parliamo di un attaccante vero, uno che è candidato al Pallone d’oro».

Il Napoli crede allo scudetto?
«Certo, ci deve credere, ma non ci deve pensare. Ciò che conta è battere la Roma adesso».

Ma è la squadra più forte in Italia.
«Non lo so, ma io mi diverto tanto a giocare in questo Napoli».

C’è un avversario che le piace particolarmente?
«Nainggolan. È come me, lotta per novanta minuti, non molla mai. Fa gol. Grande giocatore, completo».

Le hanno raccontato cosa vuol dire vincere uno scudetto a Napoli?
«Sì, ma mi hanno anche detto che è difficile da raccontare, bisogna viverlo».

Che ne pensa della Roma?
«Da quando sono qui l’ho sempre vissuta come una grande squadra. E lo è anche quest’anno. Lei parla di Dzeko, Nainggolan, ma ce ne sono altri bravi giocatori. Non sarà una partita facile».

La Juve è più forte?
«Ha una storia diversa, soldi. Compra grandi calciatori, Pjianic lo ha preso proprio alla Roma. Sarà un bel campionato».

Mertens: lo vede e che cosa pensa?
«Penso a un fuoriclasse, baciato dal talento».

Che lo scorso anno ha esultato dopo i gol all’Olimpico facendo finta di fare pipì.
«Di questo non voglio parlare».

L’Olimpico porta ricordi negativi: nella partita contro la Lazio, due anni fa, si è beccato ululati razzisti.
«Sì, ricordo. L’arbitro ha interrotto la partita. Si dice sia un problema di cultura. E io come faccio a cambiare la cultura di un paese o di una tifoseria?».

Se le ricapitasse, abbandonerebbe il campo?
«Se sono dieci a fischiare vado avanti, se lo fa uno stadio intero ci penso. Forse esco».

In Italia peggio di altri paese?
«Io sono stato in Francia e in Belgio. In Francia è tutto diverso, lì le razze si mischiano, in Belgio è un razzismo interno, io ero neutro e non mi ha mai detto niente nessuno. Comunque qui non c’è solo razzismo verso chi ha la pelle diversa, c’è anche contro i napoletani, i romani». 
 

From: Il Mattino.

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