Deve fare le cose presto e bene, per togliersi il pensiero e passare ad altro. Ecco la missione di Lorenzo Insigne che in meno di un mese si gioca già un bel pezzo di stagione: conquistare la fase a gironi della Champions con il Napoli, conquistare il pass per il Mondiale in Russia con la Nazionale. Per fare questo ci vuole talento e rapidità: il 15 (o il 16) agosto sarà in campo per l’andata del playoff della coppa dalle grandi orecchie, il 2 settembre tornerà al Bernabeu con l’Italia di Ventura per sfidare le Furie Rosse. Gare senza appelli, in un periodo in cui mezza Italia sarà ancora in ferie.
Come si sveglierà, Lorenzo, la mattina del 3 settembre? Già, bella domanda. Coi suoi furenti 26 anni ha il compito di segnare la via sia a Sarri che a Ventura, sia al Napoli che all’Italia. C’è poco da fare. È il destino di quelli più bravi. A Madrid lo attende quel campo dove negli ottavi di Champions, con un calcio di sinistro al volo da quasi metà campo, mise i brividi ai Galacticos di Cristiano Ronaldo e soci.
Un anno straordinario ma è solo il punto di partenza: è stato più forte della concorrenza per qualità di valori, forza atletica e mentalità ed è per questo che si è preso la maglia numero 10 dell’Italia nell’ultima gara con il Liechtenstein. Con Sarri allenatore ha trovato una continuità di rendimento che il tecnico azzurro ha felicemente sottolineato con un’etichetta opportuna: «È un giocatore feroce». È stato sempre bravo, Insigne: facile dare tutto quando si accendono i fari del Santiago Bernabeu, più difficile in un dimesso pomeriggio a Udine, Empoli e Verona. Come fa lui.
La sua forza è stata quella di timbrare il cartellino ogni settimana con la stessa dedizione e la stessa rabbia agonistica, anche se l’ossessionante ripetitività del 4-3-3 poteva dare nausea da catena di montaggio. Ma è stata una stagione super, per Insigne: non solo per il gol fatti (12) ma perché ha sempre indossato una maschera grintosa, ha sempre mostrato una concentrazione mostruosa e ha sempre giocato con una grande generosità agonistica.
Nessuno pensi che la pancia di Insigne adesso sia piena. Anzi: la sua è stata una estate particolare. Le vacanze con Antonio Cassano in Sardegna assieme alle famiglie e il lungo ritiro in Val di Sole trascorso quasi in simbiosi con Luigi Sepe da cui è stato, spesso e volentieri, sconfitto a ping pong.
Poi c’è la faccenda del contratto e dalla rottura di papà Carmine con i suoi tradizionali agenti, quelli che lo hanno conosciuto da bambino. Anche Lorenzo sembra essersi fatto attrarre dal fascino di Mino Raiola, nonostante un rinnovo firmato appena tre mesi fa e un annuncio a Castel Volturno in cui tutti (papà e mamma di Lorenzo compresi) sembravo felicissimi. E invece, pare di no. Anche Lorenzo (ma tutti dicono soprattutto il padre) è caduto nella tentazione di lasciar curare i proprio interessi dal re dei procuratori. Proprio come ha fatto pochi giorni fa il suo vecchio amico Verratti che ha girato le spalle a Di Campli, gettandosi tra le braccia amorevoli di Raiola.
In queste ore Raiola è in Campania, domani pare sia atteso da un vertice di mercato con il presidente del Benevento Vigorito. E magari, lontano dai riflettori (anche perché la questione è delicata e rischia seriamente di finire male) proverà a convincere Lorenzo che è giunto il momento di girare pagina. Insigne ci sta pensando. O meglio, al suo posto lo sta facendo papà Carmine. È lui, l’inseparabile alter ego di Lorenzo ad aver deciso che è arrivato il momento di sbattere la porta in faccia al trio Della Monica, Andreotti e Ottaiano e di guardare avanti. O meglio, altrove.
Qualcosa si è incrinato tra papà Carmine e gli (ex?) amici agenti dell’enfant prodige di Frattamaggiore dopo la firma del rinnovo con De Laurentiis. Il padre di Lorenzo è rimasto infastidito da qualcosa e allora ha pensato bene di spiegare che i matrimoni non è detto che durino così a lungo. E come primo gesto di disamore non ha consentito di seguire il trasferimento di Roberto Insigne, il fratello minore, al Parma. Cosa che avrà uno strascico. Magari pure legale. Di certo, non finirà a tarallucci e vino.
È stato un anno pazzesco e non c’è nulla di male che poi possa succedere qualcosa del genere. La procura che lega un giocatore a una società ha pur sempre il suo valore (e ce ne sta una che lega Insigne ai tre procuratori), ma con i milioni che girano liberarsi pagando una penale sarebbe un gioco da ragazzi.
Lorenzo stringe il proprio destino tra le sue mani: sa che quella che sta per iniziare è la stagione della sua consacrazione tra i grandi del calcio. Può vincere lo scudetto con il Napoli e può arrivare al Mondiale in Russia da leader dell’Italia di Ventura. È il momento d’oro: in Qatar, nel 2022, avrà 31 anni e potrebbe essere già un po’ troppo avanti con gli anni.
Ora o mai più, allora. E Lorenzo si è messo a sgobbare duramente: è uno di quelli che ha rinunciato alla quarta settimana di ferie aggiuntive che pure poteva concedersi. Non pensa a quello che lo aspetta: se tutto va come deve andare, prenderà le prossime vacanze tra un anno esatto, dopo la Coppa del mondo (la finale ci sarà il 14 luglio). Il secondo merito della crescita di Insigne è tattica. Quest’anno giocherà in una macchina già rodata, dagli equilibri perfetti. Con un solo leader indiscusso: il gioco.
I passaggi a vuoto ci saranno, come l’anno scorso. I primi gol a Udine, dopo un’attesa lunga tre mesi circa di ricerca vana della rete. Ma Sarri ha sempre saputo di poter fare affidamento su di lui: c’è stata una prima fase dell’avventura con il tecnico toscano in cui Insigne era costretto all’alternanza con Mertens. Un calvario, per tutti e due. Con il belga molto più spesso subentrante. Ma Insigne ha sofferto quel senso di precarietà. La sua esplosione è coincisa con la certezza del posto da titolare, dopo l’infortunio di Milik. Quando, per mancanza di uomini, nessuno ha potuto mai mettere in discussione la sua maglia da titolare. D’altronde, dal 23 ottobre in poi, dalla partita in panchina di Crotone, ha sempre giocato dal primo minuto. Ha conquistato la Nazionale e la maglia numero 10, quella di Totti, Del Piero, Baggio. Un sogno. Maradona, quando è stato qui per ricevere la cittadinanza onoraria lo ha gelato: «La mia 10 l’avrà quando vincerà come me». Lui l’ha presa bene. Ha detto che si tiene volentieri la 24. E De Laurentiis ha sostenuto la sua decisione: «Fa bene, è un bel numero, poi è il giorno in cui sono nato». Il preliminare a Ferragosto, il campionato (col ritorno a Verona dove ogni volta lo massacrano di insulti), la gara di ritorno di Champions e la partenza per Madrid. Con la Nazionale. Per sbancare il Bernabeu. Ed è tutto nelle sue mani. O meglio, nei suoi piedi.
From: Il Mattino.