Aveva ragione Ancelotti, vecchio marinaio dei mari in tempesta. Figurarsi se gli arbitri avrebbero fatto mea culpa il giorno dopo. Ma quale cenere sul capo, quale pentimento. Macch. Anzi. Secondo i dirigenti arbitrali, un errore Piero Giacomelli lo ha commesso, E i vertici dell’Aia se lo lasciano sfuggire: già, doveva fischiare il fallo in attacco a Llorente. Esatto: se richiamo c’è stato per l’arbitro di Trieste (e per il Var Banti) è per non aver giudicato falloso quel braccio largo dello spagnolo. Le voci di dentro all’Aia lasciano uscire dei sospiri: Giacomelli non è stato bocciato, la sua prestazione non viene considerata negativa perché il rigore che ha mandato su tutte le furie Aurelio De Laurentiis e Carlo Ancelotti per Rizzoli, Nicchi e company non era un rigore. E su questo i dubbi di chi guida i fischietti del nostro Paese hanno pochi dubbi: gli appunti a Giacomelli sono per non aver dato il fallo all’Atalanta perché mai e poi mai – il pensiero – un attaccante può prendere posizione allargando le braccia come ha fatto Llorente con Kjaer. Il placcaggio? L’azione simil rugby? No, non è un errore.
La notte, al presidente del Napoli, non ha fatto cambiare la sua posizione. Ha il sospetto che si sia una volontà di voler colpire il suo Napoli. E non lo può accettare. Così il giorno dopo si innesca l’artiglieria pesante. Ha deciso di non parlare con Nicchi e Rizzoli, ma fin dalle prime ore del giorno ha iniziato il suo giro interminabile di telefonate di protesta. Dove allude e affonda il colpo. La prima chiamata, la più lunga, quella al presidente della Figc Gabriele Gravina. Uno sfogo pesante ma anche un appello a fare piazza pulita dei vertici arbitrali. «Nicchi e Rizzoli sono pessimi attori di un calcio malato», ha sbottato subito dopo la fine di Napoli-Atalanta. «Senza di noi andrebbero a pelare le patate». E ancora ieri ha ribadito i concetti, sia pure con parole più soft. A Gravina ha chiesto di iniziare un’azione che dia credibilità al calcio italiano. E il patron ha ricordato che sono i club che tengono in vita il movimento calcistico del nostro Paese ed è il motivo per cui il Napoli chiede rispetto e chiarezza. Un fiume travolgente. Stavolta De Laurentiis va all’attacco del Palazzo senza mezze misure. Non ha paura di ripicche o ritorsioni: ne ha viste troppe. Poi si sente quasi investito da una missione speciale: perché ha visto Ancelotti, il suo allenatore, quasi mortificato dalla decisione di Giacomelli di cacciarlo dal campo. Il povero Carlo ha rimediato la seconda cacciata dal campo da quando è tornato in Italia e l’altra sera lo ha visto turbato. E la cosa non gli è andata giù. Ed è per questo che ieri è stato un rullo compressore. Perché De Laurentiis non ha solo protestato con Gravina e la Lega, ma anche con i vertici del calcio europeo. Anche lì ha accusato l’inerzia di chi ha tra le mani il calcio europeo davanti a spettacoli devastanti come quelli a cui tutti hanno assistito al termine di Napoli-Atalanta. De Laurentiis martella: «Se c’è il Var bisogna andare a vederlo. Altrimenti si perde credibilità. E io sono il presidente di una società con 80 milioni di tifosi che meritano rispetto». Qualcosa si muove, ovvio. Perché De Laurentiis promette battaglia. Il Var lo vuole, come ha spiegato tante volta, ma è da tempo che insiste pure per una cabina di regia, dove tutte le decisioni possano essere valutate da un gruppo di esperti. Non vuole altri arbitri in questa cabina, ma ex tecnici in maniera tale da spezzare la catena della casta arbitrale.
La battaglia è questa. Come quella delle «chiamate»: bisogna dare agli allenatore la possibilità di poter invocare la visione della Var. Aurelio va alla guerra, dunque, e lo fa con lo spirito di chi si sente defraudato. Non è una bella sensazione.
Un gruppo di parlamentari bipartisan, tutti tifosi Napoli, hanno presentato un’interrogazione al ministro dello sport Spadafora perché il governo intervenga a tutela della «regolarità del campionato». In dieci giornate, la temperatura delle contestazioni alle decisioni arbitrali è salita ai livelli pre-Var. Gli avvocati Erich Grimaldi e Angelo Pisani invitano il Napoli a presentare «ricorso alla Procura Figc, onde far accertare la responsabilità degli arbitri e controllori designati per la violazione dei principi fondamentali di buona fede, trasparenza e correttezza» e invitano i tifosi a fare la stessa cosa.
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