Tutti contro tutti, anche in mezzo ai tifosi, all’indomani del grande strappo dentro una squadra che un giorno all’improvviso ha smesso di esserlo. Sanguina il grande cuore azzurro dei napoletani. Luci al San Paolo, si sono spente. E nel buio, mazzate alla cieca. Ci sono già le fazioni tra i supporter e il sapore è quello balcanico di faide dialettiche e intestine, scontri accesi, bar che diventano piccole arene, improvvisati tribunali. C’è chi dice che è tutta colpa di Ancelotti: dimissioni subito. E chi se la prende con De Laurentiis: spende poco e parla molto. Chi ce l’ha con Insigne: gioca male e lo fa apposta per boicottare la stagione. E chi con tutta la squadra, cominciando da quei pochi simboli sopravvissuti, perfino quell’eroico gigante di Koulibaly è diventato un brocco. Rabbia, incredulità, la maschera triste di un lutto inatteso su un volto che aveva ben altre speranze. «Se il secondo posto ci stava stretto dice Romualdo De Biase, barista ai Tribunali adesso deve andarci di lusso se riusciamo a stare sulla parte destra della classifica». «Non se ne esce, è finito il sogno ribatte Gianni, 67 anni, pensionato -. Si è scassata la pazziella». Per una volta quel motorino dispettoso dell’ironia, che tutto dissacra, e depura ogni tragedia delle scorie rancorose lasciando sempre lo spazio per un sorriso, quell’arte di accapigliarsi ma mai sul serio, sembra inceppato anche a Napoli. È una sofferenza autentica, quella del vasto popolo azzurro. Un taglio in mezzo al petto.
LA SPERANZA
«Il tifoso è come un drogato», dice Angelo Petrella, scrittore, autore di Fragile è la notte, narratore in passato anche del mondo delle curve, con La città perfetta. «Ogni volta pensa che questa sarà la partita giusta. Ma poi la partita giusta non arriva. Anzi quest’anno è sempre peggio». Non è il gusto perverso del Giocatore di Dostoevskij, che punta per l’emozione di una sconfitta che poteva essere una vittoria. Qui si soffre davvero per una vittoria che sembrava poter arrivare ma non arriva mai. «Credo riflette Petrella – che manchi una figura forte di riferimento nella squadra, un giocatore autorevole, uno come Hamsik. Penso poi ci siano molte cose che non sappiamo. Incomprensioni tra il presidente, il mister e lo spogliatoio. Mi pare mancare un contatto diretto tra la società e la squadra. Devo fare una confessione: mi sento purtroppo orfano di Sarri». Questo significa mettersi da solo le dita negli occhi, come faceva Topolino nelle prime strisce di Walt Disney. Sarri, l’innominabile. Guai a farne il nome nei bar napoletani, in questi giorni. Scende un velo di mestizia. Non c’è l’acrimonia che si sollevò verso Higuain. C’è, invece, l’amarezza del torto subito in famiglia. Sì, è nostalgia. La nostalgia di un uomo al comando, di uno che sembrava avere il controllo della barca, che adesso invece barcolla nella tempesta con il timone spaventosamente sguarnito.
LO SBAGLIO
«I calciatori hanno sbagliato ad ammutinarsi», dice lapidario Stefano Traiola, responsabile vendite area Sud di Feltrinelli. «La squadra non sta digerendo il gioco di Ancelotti e mal sopporta le decisioni della società. spero che si lasci lavorare con pazienza il mister, e che i calciatori si mettano, da professionisti, seriamente al servizio delle sue idee. In fondo la crisi del Napoli è simile a quella di Juve e Inter, che giocano male e però nei momenti decisivi sono stati aiutati da sviste arbitrali». «Alla fine non è colpa dei nostri giocatori se ci hanno fatto dei torti arbitrali dice Dario, 22 anni, studente universitario -. Ci hanno levato rigori netti che potevano oggi farci stare più in alto e tenere i nervi più saldi. Stiamo pagando un nervosismo generale». Ma su questo tasto oggi si batte poco. Complotti e congiure non girano. È abbastanza evidente che il male è autoprodotto. Il ceppo è interno. «Per andare allo stadio l’altra sera sono tornata arrabbiatissima e con la febbre», sbotta Anna Riccardi, presidente della Fondazione Famiglia di Maria, tifosissima del Napoli. «I giocatori? Mi dispiace, ma hanno dimostrato poco valore umano. Non mi è sembrata, quella in Champions, una prestazione da leoni, a dire il vero manco da orsacchiotto. Avessero dato il massimo avrebbero anche meritato l’annullamento del ritiro. Abbiamo portato a casa un pareggio stentato e sporco. Non mi è mai stato simpatico De Laurentiis, ma questa volta non mi sento di dargli torto. Ancelotti? Ok, ha vinto ovunque, è un grande ma com’è che qua ha perso tutta la scienza? Ma poi un allenatore che va a dormire a Castelvolturno e non gestisce la squadra?». «Quando una persona, un gruppo di persone in questo caso dice Carlo Ziviello, editore, titolare di Ad est dell’equatore -, ha dato tutto e anche di più per arrivare a tanto così dal successo senza toccarlo mai accade spesso che si perdano le motivazioni. Credo si sia arrivati alla fine di un ciclo, lo sanno anche loro, senza aver raccolto nulla. Peraltro c’è un aspetto che pochi hanno considerato a inizio campionato: la squadra ha fondamenta difensive meno solide e questo condiziona il gioco e l’approccio mentale; Koulibay soffre il fatto di non sentire al proprio fianco un esperto leader della difesa. Lui e Manolas hanno gli stessi difetti e commettono gli stessi errori: nel calcio sapere che hai le spalle coperte è tutto. Credo che il patto per lo scudetto siglato dai calciatori nell’ultimo anno di Sarri fosse basato su qualcosa come ora o mai più. Poiché non è stato, la sensazione che serpeggia oggi nel gruppo, che è rimasto in gran parte lo stesso, sia mai più». «Hanno sbagliato tutti dice senza mezzi termini Enrico Ariemma, docente di Lingua e Letteratura Latina presso Università degli Studi di Salerno, sempre in maglia azzurra sui social nelle ore che precedono le partite del suo amato Napoli -. Hanno sbagliato i calciatori a non obbedire a un ordine societario. Ha sbagliato Ancelotti a sconfessare pubblicamente il presidente. E ha sbagliato De Laurentiis ad avere un atteggiamento padronale, con modi davvero insopportabili. Sbagliano tutti e tutti contribuiscono a infangare una piazza che invece ribolle di grande passione. Poi, con un paradosso davvero incredibile: senza alcuni torti arbitrali avremmo 5/7 punti in più, saremmo più sereni, siamo quasi qualificati agli Ottavi di Champions e il campionato è tutto davanti. Con schemi un po’ più semplici, meno ambiziosi per le forze dei calciatori che abbiamo, Ancelotti potrebbe ancora darci delle soddisfazioni. Ma siamo in pieno tafazzismo».