(Italiano) Napoli-Juve è Sarri contro Allegri: se lo scudetto è giocato a parole


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Arrendiamoci: sono come due rette parallele, non si incontreranno
mai. Impossibile, troppo diversi. Come la ragione e il sentimento.
Da dove abbia origine questo rancore, non si sa. Forse dal primo
Sarri contro Allegri che si giocò, in provincia di Arezzo,
il 16 novembre 2003 tra Sangiovannese e Aglianese. In fondo i due
non si amano, ed è chiaro. Forse perché per certi
versi sono identici: perfezionisti, studiosi, egocentrici, feroci.
66 punti conquistati dal napoletano, 65 punti dallo
juventino. 

Se si detestino come Mourinho e Conte o Mou e Guardiola, non
è dato a sapersi: certo, ad Allegri che il suo rivale abbia
fatto il Grande Slam dei trofei personali (dal premio Bearzot alla
Panchina d’Oro e pure il premio dell’Aic) non deve aver
fatto molto piacere. Si sono iniziati a punzecchiare da tempo e non
la smettono più. Ai due tutti si può imputare, tranne
una cosa: non sono banali. «Alla fine quello che conta
è il risultato finale, perché nell’albo
d’oro verrà scritto chi ha vinto il campionato, non
chi ha giocato bene o chi ha giocato male», le frasi cult del
tecnico della Juventus. Sarri non la pensa così: «Per
me è la bellezza che conta di più». Però
ora il Napoli sa vincere anche 1-0.
Ecco, se uno dice bianco, l’altro puntuale dice nero. Se uno
dice che gli piace il mare, l’altro esalta le vacanze
sull’Himalaya. «Se vuole la contemporaneità
delle partite, c’è la Lega Pro», ha detto
Allegri nella sua performance domenicale. E l’altro mica ha
parato il colpo. «Oh, lì ci sono tanti bravi
allenatori, in primis il mio amico Baldini». Straordinari,
non c’è che dire. «Non è colpa mia se
loro sono usciti dalla coppe: se esci dalle coppe giochi dopo di
noi», la teoria di Allegri. A cui Sarri replicò:
«C’era una possibilità su tre miliardi di dover
giocare nove volte su nove dopo…». Persino la Lega calcio
è dovuta intervenire. Bacchettando Sarri. Napoli-Juventus
vive anche su questo duello. Il classico italiano tutto veleni e
scintille. 

«A Maurizio non sto più dietro. La sua è una
strategia per creare confusione. Una volta ha il campo,
un’altra il fatturato o la Champions… Io evito. Dico solo
che allenarsi una volta alla settimana fa bene, ma è bello
giocare ogni tre giorni». Colpa di una frase, peraltro non
rivolta neppure a lui, che Sarri aveva detto a Udine e che aveva
come destinatario l’Inter di Spalletti. «Mi sembra che
sia un altro sport giocare ogni tre giorni e scendere in campo la
domenica senza aver giocato le coppe». Quella volta, al
Friuli (e prima a Ferrara), se la prese anche col campo
«indegno» provocando il chiarimento di Udinese e
Spal. 

Ogni volta che l’altro dice qualcosa, la reazione è
scontata. Forse una tecnica: quella del parafulmine, che avvicina i
duellanti. Mettersi a scudo della squadra provocando polemiche per
spostare l’orizzonte, creando un cuscinetto per chi le
partite deve giocarle davvero. Sono i più bravi di tutti,
nessun dubbio. Uno fanatico della duttilità e
dell’agonismo, l’altro una specie ayatollah con un
dogma tattico esagerato. Grandi motivatori, sanno creare ambienti
feroci e vedono nemici ovunque. «I numeri dicono che il
Napoli è una grande squadra e sta facendo delle grandissime
cose. Il merito al 99% è di Sarri», ha spiegato
Allegri pochi giorni fa in segno di delicatezza.

From: Il Mattino.

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