È uno scudetto che ai tifosi, magari, piace meno di quello che si conquista sui campi di calcio. Ma è quello che garantisce nel tempo la sopravvivenza del club e che non la espone alle tempeste finanziarie e ai rischi di tracolli. I due anni di Covid hanno lasciato le macerie nel calcio. E il Napoli ha messo le spalle al coperto dopo questo mercato in cui De Laurentiis, Chiavelli e Giuntoli hanno sistemato i conti. Senza doversi aggrappare ad artifici contabili e roba del genere, in maniera elementare: dando via quelli con gli ingaggi più pesanti. Anche se sono state partenze sofferte. La matematica, in economia (e non solo), non è un’opinione. Se calano le entrate, per far quadrare i conti è necessario tagliare i costi. E con gli stadi vuoti, il marketing in calo, gli sponsor più freddi, dunque non restano che gli stipendi dei calciatori (gli unici che in pandemia non hanno fatto sacrifici né hanno subito decurtazioni). E così, ora, si passa dai 110 milioni di buste paga di maggio a circa 73 milioni di euro (al lordo) di questo inizio campionato. Non male come taglio, ovvero 37 milioni. Aurelio De Laurentiis compie la sua missione, sia pure con un anno di ritardo, forse due: ridimensiona in maniera radicale, e per la prima volta da quando è alla guida del club azzurro in modo così netto (praticamente un taglio del 35 per cento), i conti del monte ingaggi. Troppo alto l’impatto sul fatturato negli ultimi due anni senza Champions e con il Covid a spezzare la schiena. La Champions e i suoi 50 milioni di dote (minima) che porta con sé restano l’obiettivo di tutti, ma senza affanni. Doveva iniziare subito dopo l’addio di Sarri questa operazione, ma De Laurentiis, scegliendo Ancelotti piuttosto che un altro tipo di tecnico, decise di incrementare gli investimenti per puntare allo scudetto. Forse, oltre quelle che erano le forze vere del club. Ora il passo indietro. Economico, ovvio, non delle ambizioni, come dimostra la campagna acquisti che piazza il Napoli ancora tra le big della serie A.
Il Napoli torna alla dimensione degli anni di Benitez e Sarri, ovvero un monte ingaggi attorno (superiore) ai 70 milioni di euro. L’impennata è avvenuta a partire dall’estate 18/19 quando gli stipendi schizzarono oltre quota 90 e poi, anno dopo anno, raggiungendo quota 110 milioni (a cui vanno aggiunti ammortamenti e altri costi). Un record pesantissimo. Ora il cambio di rotta: va via Koulibaly (11 milioni di euro lordi) e arriva Kim (4 milioni lordi, tenendo conto dei benefici del decreto crescita); via Mertens (8,33 milioni lordi) per Raspadori (5 lordi); Insigne guadagnava 8,6 milioni mentre Kvara ha uno stipendio di 2 milioni lordi, Ghoulam 4,4 milioni per Olivera che percepisce circa 1,9 milioni. E Ndombele, in totale, peserà attorno ai 5 milioni per la quota spettante al club azzurro. Un taglio necessario, ampiamente annunciato. Con un salary cap che per il Napoli è già realtà. E con un tetto, al di là del quale difficilmente si andrà: 3,5 milioni netti. Al momento, il calciatore che guadagna di più del Napoli è Zielinski: già, il polacco dopo il suo rinnovo è arrivato a quota 6,5 milioni lordi di ingaggio. Vero, infatti, che Osimhen e Lozano hanno una busta paga, al netto, superiore a quella del polacco, ma beneficiano del decreto fiscale e quindi il loro costo totale è di 5,9 milioni. La decurtazione rispetto alla passata stagione è di quasi il 34 per cento. A sette giorni dal gong del mercato. E l’entusiasmo dei tifosi è tornato a essere altissimo dopo il mercato. I conti, ora sì, tornano.