Secondo i giudici della Corte d’assise d’appello di Roma, fu «una bravata» quella del tifoso giallorosso Daniele De Santis, il 3 maggio 2014, prima della finale di Coppa Italia tra Napoli e Fiorentina, quando fu ferito Ciro Esposito, il tifoso napoletano che poi morì dopo giorni di agonia.
Le motivazioni della sentenza con cui i giudici lo scorso giugno ridussero la condanna nei suoi confronti da 26 a 16 anni (e che indussero la mamma di Ciro a gridare tutta la sua rabbia) sono state depositate in cancelleria e pubblicate dal Corriere della Sera.
L’agguato ai danni dei tifosi napoletani, di cui hanno riferito numerosi testimoni, è solo “presunto”: «Dei botti, delle bombe carta, dei fumogeni, dei sassi dai quali i napoletani sarebbero stati bersagliati – si legge nelle motivazioni – non si è rinvenuta alcuna traccia. E la ragione è comprensibile: quei botti e quelle bombe sono il frutto della suggestione collettiva, di una ricostruzione ex post».