La grande differenza di questo Napoli, rispetto a qualche mese fa, nasce dalla piena consapevolezza della sua maturità: il gruppo di Sarri ormai non è solo espressione di spettacolo e divertimento, ha imparato a gestire le partite, a governarle con saggezza e razionalità
La grande differenza di questo Napoli, rispetto a qualche mese fa, nasce dalla piena consapevolezza della sua maturità: il gruppo di Sarri ormai non è solo espressione di spettacolo e divertimento, ha imparato a gestire le partite, a governarle con saggezza e razionalità. Ha trovato un equilibrio, quella sostanza che cambia spesso la direzione di un campionato.
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Non si ferma agli applausi, riesce a leggere le situazioni decisive, come è capitato anche ieri a Udine. Non si specchia più nella bellezza dei suoi schemi. E’ la squadra che ha vinto il numero maggiore di gare in trasferta a livello europeo: sette su otto. E ha raccolto trentotto punti in quattordici giornate: nella storia della serie A soltanto la Juve di Capello, nel 2005-06, aveva fatto leggermente meglio, raggiungendo in classifica quota 39. Il Napoli è cresciuto, si è completato e si avvicina nelle condizioni ideali all’appuntamento di venerdì sera al San Paolo con la Juve. Il suo calcio è la somma degli schemi di Sarri, della creatività dei suoi assi e della logica di un progetto che non ha mai accusato pause neppure dopo i divorzi con Cavani e Higuain, seguendo l’impronta imprenditoriale di De Laurentiis, in grado di riaccendere la passione di una tifoseria come nel periodo magico di Maradona. Tra quattro giorni si troverà davanti una Juve che insegue a quattro punti di distanza e che punta al settimo scudetto consecutivo, lottando anche contro un paradosso: sembra meno padrona, più vulnerabile, è terza in classifica, eppure sta viaggiando a una velocità superiore rispetto a quella tenuta nella scorsa stagione, quando era prima ma aveva un punto in meno di oggi. Una corsa per lo scudetto sempre più emozionante e che vede nella certificata credibilità dell’Inter, seconda e ancora imbattuta come il Napoli, un’altra protagonista. Una squadra, quella di Spalletti, trascinata dalla perfezione dell’intesa sbocciata tra Icardi e Perisic: quindici gol e cinque doppiette per l’argentino in campionato, tredici assist del croato per il centravanti da quando giocano insieme.
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Domenica di malumori per la Roma, spiazzata e punita dalla grave ingenuità di De Rossi, che si è fatto espellere senza giusticazioni provocando il rigore del pareggio di Lapadula. Una leggerezza, una reazione che ha messo in trappola i giallorossi. Il capitano ha chiesto scusa a Di Francesco, ai compagni e ai tifosi. Ma le sue parole non ricompensano la Roma, costretta a bruciare una vittoria a Marassi e a interrompere a dodici la striscia record di successi consecutivi in trasferta. Rallenta anche la Lazio, che protesta nei confronti dell’arbitro per un rigore negato a Parolo nel primo tempo e per quello concesso alla Fiorentina durante i minuti di recupero, dopo la decisione di Massa ricorrere al Var: un finale elettrico, con il direttore sportivo Tare che ha lasciato la tribuna d’onore per confrontarsi in modo aspro con il direttore di gara. Tensioni all’Olimpico e fischi a San Siro, dove il Milan è stato bloccato dal Torino e non ha segnato in casa per la quarta partita di fila, come gli era capitato soltanto due volte nella sua storia (nel 1984 e nel 2007). Montella fatica a dare un’identità a questa squadra, settima e con nove punti in meno rispetto a un anno fa. La Champions è un traguardo lontano.
From: Corriere Dello Sport.