Felice Piccolo nasce a Pomigliano d’Arco (Napoli), 34 anni fa. A 13 anni lascia la sua terra d’origine, destinazione Torino, e da lì comincia la sua crescita, come uomo e calciatore, nel settore giovanile della Juventus (sotto la guida di Gian Piero Gasperini) fino all’esordio in prima squadra. Seguirà un lungo viaggio in giro per l’Italia, a farsi le ossa, sempre in prestito dalla Juventus, dove ritorna nella stagione 2005/2006, quella del Campionato in B post calciopoli vinto dai bianconeri. Arriva poi l’esperienza in Romania, al Cluj, dove diventa un’icona: vince due campionati, una coppa e una supercoppa nazionali, compreso l’esordio in Champions League e poi in Europa League. Poi, il ritorno in Italia, capitano dello Spezia in Serie B e oggi ad Alessandria, in Lega Pro.
Piccolo che significato ha per lei Napoli-Juventus?
“Per me è sempre stato un doppio sentimento. Da una parte c’è un amore viscerale, quello per la mia terra, di cui sono fiero. Un amore che ho sempre portato dentro di me, in tutte le esperienza della mia carriera, soprattutto all’estero. Ho un po’ il rammarico di aver dovuto trovare le mie fortune altrove e questo è accaduto a tanti altri giocatori partenopei. Anche nella Serie A di oggi, ci sono tanti giocatori napoletani che non hanno mai vestito la maglia azzurra e che avrebbero potuto fare la fortuna del Napoli. La Juve è stata per me come una seconda famiglia, è la società dove sono cresciuto come uomo e calciatore, dove ho imparato valori importanti come il rispetto e la disciplina, e quindi ho un sentimento di rispetto profondo e immensa gratitudine per i colori bianconeri”.
Chi le ha trasmesso la passione per il calcio? Quanto è stato difficile lasciare la tua terra, a soli 13 anni, destinazione Torino?
“La passione è nata seguendo le orme di mio padre. Fin dall’età di quattro anni lo accompagnavo sui campi di gioco locali. Mi sono iscritto nella squadra del mio paese (Pomigliano d’Arco, ndr) dove oggi insieme a mio fratello Antonio ho fondato la “Football Academy Pomigliano”, una scuola-calcio che ha come scopo quello d’insegnare pallone ma soprattutto tenere i giovani lontano dalla strada. A 13 anni, poi, la chiamata della Juventus e la partenza da casa. Ricordo ancora il giorno in cui firmai il mio primo contratto, accompagnato da Moggi. Il direttore sportivo del settore giovanile era Beppe Furino, una leggenda bianconera. Mi chiese subito per che squadra tifassi. Risposi Napoli e lui mi disse: “Ecco, da questo momento tu tiferai per la Juventus!”. Non potrò mai dimenticare quelle parole”.
Crede che questo Napoli possa aver definitivamente colmato il gap con la Juventus? O si aspetta rinforzi dal mercato di gennaio?
“Sono molto fiero di questo Napoli, perché Sarri è riuscito con il gioco a colmare quel gap che la Juventus aveva creato negli ultimi anni, anche grazie alla sua potenza economica. Il campionato è lunghissimo e si deciderà negli ultimi due mesi, ma gli infortuni di Milik e Ghoulam sicuramente rendono tutto più difficile. Se il Presidente De Laurentiis riuscirà a gennaio ad inserire qualche giocatore in più per allungare la rosa, gli azzurri potranno competere per lo Scudetto fino alla fine. Mi auguro che sia così perché squadra e società lo meritano”.
Su chi punterebbe tra i ventidue in campo venerdì sera?
“Sono innamorato calcisticamente di Koulibaly, credo sia nel momento più importante della sua carriera. Ha forza fisica incredibile, riesce ad attaccarti alto e ha nei piedi una base tecnica molto importante. Credo che in questo momento sia il difensore più forte che ci sia in Italia, riesce a fare la differenza contro qualunque tipo di avversario, che sia un brevilineo o un attaccante di grossa statura. Per quanto riguarda la Juventus, quello che è mancato fin qui ai bianconeri è stato Marchisio, a cui mi lega un rapporto di affetto e di stima. Mi auguro cha abbia superato definitivamente i suoi problemi fisici e che possa tornare a contribuire al gioco della squadra: lui può essere davvero l’uomo in più in mezzo al campo”.
Sarri o Allegri. Da chi ti sarebbe piaciuto essere allenato e perché?
“Sono due grandi allenatori. Come carisma e insegnamento sceglierei però Sarri, perché è un maestro di calcio ed è riuscito in breve tempo a trasmettere ai giocatori il suo credo. Allegri è più un gestore, uno che bada meno all’estetica e va di più al sodo, attraverso concetti chiari e semplici. Quando hai così tanti campioni in squadra, fai più fatica a cercare d’insegnargli qualcosa, perché rischi di scontrarti con la loro personalità”
From: Il Mattino.