C’è un po’ di tutto nelle carte del deferimento
di tre ex calciatori del Napoli: le telefonate con cui Paolo
Cannavaro prova a piazzare un orologio di dubbia provenienza al
compagno di squadra Cavani (valore 400mila dollari o giù di
lì); quelle in cui è ancora l’ex difensore
azzurro (poi del Sassuolo) ad impegnarsi a procurare due biglietti
per due soggetti legati a famiglie di camorra (Bosti e Lo Russo);
per non parlare di una vacanza a Ibiza ancora di Cannavaro jr e del
portiere Reina assieme ai tre imprenditori giocattolai Esposito (in
cella per reati aggravati dal fine camorristico); oppure del
tentativo di far acquistare a Reina una fuoriserie di
proprietà di imprenditori in odore di camorra. Un mondo
passato al setaccio dalla Dia di Napoli (che non ha riscontrato
fatti di rilievo penale), prima di diventare di competenza della
Procura federale, che ieri ha scoperto le carte e ha avanzato le
proprie conclusioni. È stato infatti l’ufficio guidato
dal prefetto Giuseppe Pecoraro a deferire alla giustizia sportiva
per frequentazioni sospette Pepe Reina (oggi al Milan), Paolo
Cannavaro e Salvatore Aronica (in forza al Napoli di Mazzarri prima
di passare al Palermo). Nello stesso fascicolo, sono state deferite
anche Napoli, Sassuolo e Palermo, vale a dire le società
nelle quali hanno militato i tre calciatori e chiamate in causa per
responsabilità oggettiva per i fatti addebitati ai tesserati
(rischiano un’ammenda, si escludono penalizzazioni sui
rispettivi campionati). Ma non è tutto. Deferiti anche tre
dipendenti della Ssc Napoli, il team manager Giovanni Paolo De
Matteis, il responsabile della biglietteria e delegato alla
sicurezza Luigi Cassano e il direttore commerciale marketing del
Napoli Alessandro Formisano.
Ma quali sono i rilievi che costano ai tre calciatori una sorta di
rinvio a giudizio in sede disciplinare? Come raccontato dal Mattino
lo scorso 10 maggio, l’ex capitano azzurro avrebbe provato a
vendere un orologio prezioso di notevole valore (400mila dollari)
ma di provenienza sospetta, su richiesta del suocero Luigi Martino.
Ricordate quella conversazione intercettata dalla Dia? Era il 12
febbraio del 2013, quando Luigi Martino propose al genero Paolo
Cannavaro un affare, uno «Zenit tempestato di
diamanti»; dall’altra parte del telefono, dopo essersi
sincerato della presenza di un documento di garanzia, Paolo
Cannavaro si disse disponibile a proporlo ad «Eddy»
nello spogliatoio, vale a dire al bomber Edinson Cavani (oggi in
forza al Paris Saint Germain): «Domani me lo vengo a
prendere, me lo porto al campo… lo faccio vedere anche a
Michele».
Ma veniamo a Reina. Per la Procura federale, il portiere spagnolo
avrebbe intrattenuto «inopportunamente rapporti di
frequentazione ed amicizia concretizzatisi in vacanze,
disponibilità d’uso di auto di grossa cilindrata di
proprietà di Gabriele Esposito e agevolazioni
all’accesso in zona riservata dello stadio San Paolo in
occasione delle partite ufficiali». Pochi giorni fa, il nome
di Reina è stato abbinato anche ad alcune intercettazioni
che stanno alla base degli arresti dei tre fratelli Esposito,
quelle in cui – anni fa – Reina si affidava ai propri amici
imprenditori per un appuntamento in un centro massaggi, in una zona
chic di Napoli.
Deferito per le frequentazioni con i fratelli Esposito anche
Salvatore Aronica. Ma cosa c’entrano i tre dipendenti del
Napoli in questa vicenda? Sotto i riflettori finiscono
sponsorizzazioni, gadget e ticket, come nel caso di Formisano: da
un lato, scrivono gli inquirenti in sede disciplinare, avrebbe
intrattenuto solo con Giuseppe Esposito «rapporti
commerciali, contratti di sponsorizzazione e contratti di licenza
di uso del brand Calcio Napoli, impegnandosi a fornire la relativa
documentazione contrattuale». Un impegno mai onorato,
aggiungono dalla Federazione, in riferimento al tentativo di
commercializzare orologi con il brand Napoli e di sfruttare i
contatti social di campioni del calibro di Callejon (ovviamente
estraneo a questa vicenda).
From: Il Mattino.