(Italiano) Osimhen: “Vendevo l’acqua e mi voleva la Juve, ora voglio vincere tutto”


CONDIVIDI/SHARE

Sorry, this entry is only available in Italiano. For the sake of viewer convenience, the content is shown below in the alternative language. You may click the link to switch the active language.

image

L’attaccante obiettivo del Napoli si racconta a ruota libera: “Ho perso mamma da piccolo, abbiamo fatto tanti sacrifici, devo ringraziare papà e le sorelle. Da Wolfsburg a Charleroi, fino al Lille, il mio obiettivo è arrivare in un top club”

NAPOLI – Victor Osimhen, attaccante nigeriano del Lille e obiettivo di mercato del Napoli, ha rilasciato una lunga intervista al podcast The Out of Home, proposta in anteprima da CalcioNapoli24. Osimhen inizia raccontando la sua storia: “Sono nato e cresciuto a Lagos in una piccola comunità, ho perso mamma quando ero molto piccolo ed un mese dopo la sua perdita mio padre perse il lavoro. A quel punto abbiamo iniziato a vendere acqua nella nostra strada, ma avevo dei sogni da realizzare. La storia è molto lunga, avevamo problemi nel mangiare ma nella mia mente c’era la fiducia nel credere che qualcosa sarebbe cambiato. L’aver avuto un sogno in mente è stato qualcosa che mi ha portato ad andare avanti e a non mollare. Ricordo che quando riuscimmo a trovare un appartamento, papà mi lasciava giocare nella squadra della zona.

“Mia sorella mi ha accudito e non mi ha fatto mancare niente, provava a rendermi felice nonostante la situazione. Così come papà, sebbene avesse perso il lavoro e non avesse lo stipendio cercava di mandarci avanti. Quando mamma è morta è stato difficile, ma qualsiasi somma riuscissimo a recuperare la usavamo per comprare del cibo. Ricordo che il padrone dell’appartamento veniva a riscuotere l’affitto, e visto che non avevamo i soldi per pagare ci insultava: in quei momenti mi capitava di guardare il cielo e chiedevo perchè andasse in quel modo. Le mie sorelle hanno fatto davvero tanto per me, ogni volta che stavo per mollare non lo facevo perchè pensavo a loro. Tanti ragazzi della mia età erano molto talentuosi, ed hanno lasciato il mondo del calcio per andare a lavorare, in Nigeria tanti sogni vengono infranti perchè non c’è chi è pronto a spingerti ad andare avanti. Io ho messo da parte la scuola per cullare il sogno di diventare un calciatore, e la mia famiglia mi ha sostenuto. L’educazione resta fondamentale, perchè è con quella che vai avanti”.

“La mia famiglia è tutto per me avere la possibilità di andare a trovarla in Nigeria è stata importante: non li vedevo da novembre, e quando il mio agente mi ha informato della possibilità ci sono andato subito. Mio fratello maggiore giocava a calcio e smise per darci sostegno economico? Verissimo, era un attaccante come lo sono io: segnava tanti gol nelle partitelle, lo guardavo spesso e volevo giocare con lui. Ci ha supportato molto, per lui fu difficile lasciare il calcio per sostenerci, ma alla fine è stato il mio primo tifoso. E a lui piace il Manchester United. Il rapporto con la scuola è stato per forza di cose intetrrotto: “Volevo giocare a calcio, ci passavo già molto tempo sin dall’infanzia. Ad un certo punto stavo per lasciare quando ero alla scuola secondaria, visto che non è che stessi arrivando chissà da quale parte, ma la mia famiglia mi spinse a continuare a giocare. Loro lavoravano per rendere reale il mio sogno, ed io iniziai ad allenarmi seriamente. Tanti allenatori a Lagos non mi vollero, ma io sapevo che il calcio mi avrebbe reso felice quindi non mi persi d’animo. Papà magari avrebbe voluto che diventassi un medico, eppure mi ha lasciato giocare a calcio: veniva a vedermi nei tornei, mi portava a vedere le partite. Quando segnavo, piangeva di gioia ed io ero fiero di come abbia supportato il mio sogno”. Con i primi guadagni ha potuto aiutare la sua famiglia:Una bella sensazione, quando avevo guadagnato una bella somma chiamavo i miei parenti per andare a mangiare fuori o da qualche altra parte. Gli dicevo di venire e li portavo in giro. La prima cosa fatta dopo la fine della quarantena è stata andare in Nigeria, vedere la mia famiglia: era un mio desiderio, ed io per loro voglio fare le cose per bene. Dopo la fine del lockdown sarei andato lì anche solo per un giorno”. Le sue esperienze gli hanno permesso di chiudere presto l’infanzia: “E’ importante uscire dalla comfort-zone, mostrare ciò che sono veramente. Se lasci la comfort-zone, è lì che inizi a dare tutto e a lavorare sodo per ottenere ciò che vuoi. E sono felice, perchè le mie scelte hanno pagato”.

Osimhen racconta poi i suoi inizi in Europa, in Bundesliga: “Se al Wolfsburg fosse rimasto mister Hecking, che andò al Moenchengladbach, avrei avuto più chance perchè mi aveva scelto lui. Però a quel punto avrei giocato anche in quarta divisione, pur di giocare. Ne parlai con mio fratello, gli dissi che avrei dovuto ricominciare a giocare da un’altra parte. Il mio agente mi trovò dei club interessati in Belgio, era sicuro di trovarmi una squadra nella loro prima divisione: ero ansioso di dimostrare il mio valore, tuttavia non si concretizzò alcuna firma. Rimasi a lavorare sulle mie doti a Wolfsburg nel 2018, ero sempre sicuro di ciò che avrei potuto fare in campo e volevo dimostrare che si sbagliavano sul mio conto. Ero e sono convinto del concetto di mai dire mai, del fatto che nella mia vita ci fosse spazio per diventare davvero grande. Avrei dovuto solo aspettare. Non mi colpevolizzo per aver scelto il Wolfsburg, sapevo che sarebbe stata la migliore destinazione perchè credevano in me: sapevo che avrei giocato poco, perchè comunque davanti a me c’erano Origi, Mario Gomez ed un altro belga come Dimata. Non era facile trovare spazio, ma conoscevo il loro livello e volevo imparare il più possibile da loro. Certo, ero lontano dalla mia famiglia e li vedevo solo su FaceTime, ma so che ciò che ho fatto a Lille e Charleroi si basa su ciò che ho imparato al Wolfsburg. Non sono il tipo che pensa troppo al passato, ma credevo che ciò che mi era capitato al Wolfsburg non si sarebbe ripetuto allo Charleroi. Ogni cosa che m’è capitata mi ha lasciato un segno, ho provato ad imparare sempre qualcosa da ogni esperienza. Non mi abbattevo, perchè sapevo di poter far stare bene mio padre e la mia famiglia che mi sosteneva: sono loro che mi hanno dato tutto, e se c’era qualcosa che non andava bene, semplicemente andavo avanti”.

La carriera di Osimhen ha avuto la prima grossa svolta in Belgio: “Mi chiamò il Bruges, volevano vedermi ma alla fine mi dissero che non se ne sarebbe fatto niente, nonostante avessi già fatto le visite mediche con loro. Ne parlai con il mio agente, avrei dimostrato anche a loro che s’erano sbagliati: non dimenticherò mai la chiamata dello Charleroi. Il presidente mi disse che m’avrebbe voluto lì già in serata, me lo confermò il mio agente. Avrei firmato senza nemmeno fare le visite mediche, ero felicissimo dopo il rifiuti di Zulte Waregem e Bruges: quando arrivai, mi dissero che avrei firmato il giorno dopo. Era un sogno, dopo esser stato scartato qualche settimana prima, potermi mettere all’opera su un campo da calcio. Allo Charleroi ero molto felice di giocare contro Bruges e Zulte, volevo sempre la palla e riuscii a mettere a segno gol e assist in quei match: fu una gioia enorme, avrei potuto giocare con loro ed invece gli segnavo contro. Fu una bella sensazione. Segnai venti gol in quella stagione, ed è lì che segnai il mio primo gol da professionista prima di tornare in nazionale”. Divertente anche l’aneddoto sul primo match contro il Paris Saint Germain: “Ricordo di aver visto Neymar all’aeroporto nel 2016, durante un viaggio in Brasile: corsi verso di lui per avere una fotografia, ero incurante della security presente. Ne feci una con lui e con Dani Alves, la postai su Facebook: me li ritrovai in campo da avversari, fu una sensazione bellissima”.

[[dugout:eyJrZXkiOiJ4MVFNUWx0MCIsInAiOiJjb3JyaWVyZGVsbG9zcG9ydCIsInBsIjoiIn0=]]

Quando finì la stagione in Belgio, avevo intenzione di rimanere un mese circa in Nigeria con la mia famiglia: dopo un paio di settimane mi chiamò il presidente dello Charleroi, col quale avevo già parlato prima del ritorno in Nigeria. Mi disse che sarebbe stato difficile per lui lasciarmi partire, ma mi diede l’opzione di scegliere cosa fare. Valutai l’opzione Lille con il mio agente, loro giocavano la Champions League ed avevano una buonissima squadra: era importante il trasferimento per la mia crescita, ma fu comunque difficile per me scegliere di muovermi. Il Lille negli anni ha sfornato tanti talenti, fu una cosa che mi convinse. La mia situazione a fine stagione con il Lille? Non è finito bene l’anno, perchè abbiamo perso la possibilità di andare in Champions League per un solo punto. Ma il calcio è così, dobbiamo rispettare le decisioni e lavorare per tornare più forti il prossimo anno”.

Le ambizioni di Osimhen sono poche ma grandiose: “Voglio giocare in uno dei maggiori club del mondo, vincere la Champions League, vincere qualcosa con la Nigeria. Voglio vincere, spero non sia un sogno troppo grande”. Victor racconta poi l’adattamento alla vita europea: “Quando arrivai al Wolfsburg pensavo a come sopravvivere in Europa, e a cosa ci voleva per farlo. Serve tanta determinazione, i tre anni passati prima di arrivare al Lille mi hanno aiutato tanto: sto cercando di imparare il francese, parlo già l’inglese. La cosa più difficile nell’adattamento? Gli allenatori vogliono che tu li metta alla prova, perché sei giovane. Io mi sono detto ‘ho imparato molto al Wolfsburg e allo Charleroi, in Francia devo dare tutto e subito’. Per me è stato importante imparare tante cose da ogni esperienza avuta. Sto cercando di diventare l’attaccante più completo possibile, cerco di migliorare sotto ogni aspetto. Ho bisogno di tempo, magari, ma se mi guardo indietro so di essere migliorato molto”. Quando gli chiedono a quale attaccante si ispiri, Osimhen risponde: “Ce ne sono alcuni che mi piacciono molto: penso che posso rubare qualche movimento a Didier Drogba, anche se non gli assomiglio molto come tipo di giocatore”.

Osimhen racconta poi alcune curiosità su di sè: “Dormo un sacco, fino alle prime ore del pomeriggio quando c’è un giorno di riposo. E mi piace tantissimo il cibo: c’è un piatto africano che mi piace tanto, sebbene a Lille non sia riuscito a trovarlo facilmente. Mi piace la lasagna e la pasta, qualche volta sono stato a Bruxelles per trovare piatti che ricordano la mia terra. I miei hobby oltre il calcio? Mi piace la moda e la musica, nonché occuparmi di alcuni business con i miei fratelli e sorelle. Mi piace molto la musica, ma se non fossi diventato un calciatore avrei avuto certamente alcune cose di cui mi sarei occupato. Mio fratello è stato molto importante per me, soprattutto ai tempi di Wolfsburg: è tra quelli più interessati all’abbigliamento, assieme alla mia fidanzata (ride, ndr)”.

Nella carriera di ogni campione, c’è un momento decisivo di svolta: “Per me arrivò in un torneo giovanile venni scelto per rappresentare la Nigeria, quindi progredire giorno dopo giorno era un bene: certo, sarei dovuto rimanere un mese via dalla Nigeria e sarebbe stato triste (ride, ndr). Però mi resi conto che avevo il talento necessario per creare qualcosa, e ciò mi diede fiducia. Mi andavo ad allenare dalle prime ore del mattino, davo tutte le mie energie: il mister mi diede quindici minuti per dimostrare ciò che sapevo fare, e c’erano centinaia di calciatori che potevano essere scelti. Mi misi in mostra, inizialmente non venni scelto: stavo andando via, venni richiamato e alla fine riuscii ad unirmi alla squadra. Mi allenavo mattina e pomeriggio, e mangiavo tanto come tutti i ragazzi lì presenti: dopo aver vinto il torneo, mi resi conto che la vita sarebbe cambiata e che mi sarei trasferito in un club europeo. Dopo il Mondiale Under 17 in tanti mi cercavano: Barcellona, Juventus, Arsenal, Inter. Però io volevo crescere, lo sviluppo era importante per me affinché potessi diventare un buon attaccante. Il Wolfsburg era una buona opzione per me, parlai con il loro coach e mi dissi che sarebbe stata una scelta. Giocare per la Nigeria? Ogni giocatore sogna di vestire la maglia della nazionale, per me è stato bellissimo sin dal primo giorno, un grande privilegio. La Nigeria produce un sacco di talenti e li ha prodotti negli anni, basti pensare a nomi come Nwankwo Kanu e Jay-Jay Okocha. Tatticamente ci sono dei dettagli che dobbiamo migliorare“.

From: https://www.corrieredellosport.it/news/calcio/calcio-mercato/2020/07/09-71588381/osimhen_vendevo_l_acqua_e_mi_voleva_la_juve_ora_voglio_vincere_tutto_/

CONDIVIDI/SHARE