È vero che gli stimoli possono essere relativi non avendo più il Napoli un obiettivo da centrare dopo aver vinto la Coppa Italia e conquistato il diritto a partecipare all’Europa League. È vero che l’8 agosto a Barcellona probabilmente saranno titolari solo quattro dei giocatori inizialmente schierati a Bologna, però non ci si può preparare alla sfida Champions giocando male come ieri. Andati a segno dopo sette minuti con il colpo di testa di Manolas (dodicesimo gol su sviluppo di calci piazzati), gli azzurri sono stati leziosi in attacco e hanno sofferto in difesa, subendo il pressing degli uomini di Mihajlovic, arrivati nel finale al meritato pareggio con Barrow – nessuno che lo contrastasse – dopo due gol annullati per fuorigioco. E il 38enne Palacio e Danilo (palo) hanno sfiorato il raddoppio in una difesa a pezzi, dove Manolas aveva deciso di restare in campo e non farsi sostituire benché dolorante: il mancato cambio con Koulibaly ha inciso sullo sbandamento del reparto.
È stato un atteggiamento completamente sbagliato quello del Napoli, in parte collegato agli otto cambi effettuati da Gattuso rispetto alla partita col Milan, anche quella domenica scorsa terminata con un pareggio subito in rimonta. Non si può d’altra parte rinunciare al turnover con questa frequenza di gare, il punto è che non tutti sfruttano la chance offerta. Peraltro, Rino ha lanciato un po’ di titolari nel secondo tempo ma non c’è stato un cambio di passo. Nell’insolito tridente presentato al Dall’Ara Politano e Lozano si sono fatti apprezzare almeno sul piano dell’impegno; Milik, invece, sembra essersi già svincolato dal Napoli e sicuramente non rientra in quel gruppo di giocatori «che hanno voglia di fare ancora parte di questo progetto», come ha detto il direttore sportivo Giuntoli cominciando a prendere le distanze da alcuni azzurri. Serve più cinismo là davanti, così come è necessario un migliore funzionamento dei dispositivi difensivi.
Troppo leggeri gli azzurri anche a centrocampo. Non si è visto equilibrio tra i reparti. L’allenamento anche mentale per il Barcellona non può essere questo: ci pensino Gattuso e i suoi uomini. Il tecnico adopera anche in campo una parola per stimolare i suoi giocatori, per far capire esattamente da loro cosa vuole: veleno. Ecco, questo è mancato a Bologna. Non si assisteva da inizio febbraio – sconfitta col Lecce al San Paolo – a una prestazione così brutta e le critiche di Rino alla squadra sono state già forti dopo la sconfitta, quando ha parlato in tv al fianco di Mihajlovic. Due guerrieri in campo e in panchina, due uomini veri.
Mentre in campionato c’è poco da dire (ma questo non significa che è permesso mollare), il Napoli lavora intensamente sul mercato. Ha accelerato i tempi per chiudere la trattativa per Osimhen dopo che un nuovo procuratore è apparso in questo affare e in certi casi i rischi di una frenata, o peggio ancora di una deviazione verso altro club, sono elevati. E, benché Giuntoli si schermisca, per il nigeriano De Laurentiis è uscito allo scoperto perché altrimenti non vi sarebbero stati i meeting alla luce del sole a Capri e in Costa Smeralda. La disponibilità del presidente del Napoli a definire l’accordo è massima dal punto di vista economico: si annuncia come una operazione da 60 milioni, la cifra più alta nella storia del club, e questo dà il senso dell’importanza che il club attribuisce al 21enne nigeriano che ha già giocato in tre Paesi europei – Germania, Belgio e Francia – realizzando 18 reti nelle 38 gare con il Lille prima dello stop della Ligue 1. Un buon addestramento nel Vecchio Continente, dove è sbarcato tre anni fa dopo l’accademia calcistica nel suo Paese.
Su Osimhen avevano allungato lo sguardo altri club di prestigio, tra cui la Juve. Sono stati fatti importanti paragoni per lui, da Drogba a Mbappé. Presto per capire a quale livello possa effettivamente arrivare ma appare utile per il sistema di gioco di Gattuso, che ha bisogno di attaccanti rapidi per le ripartenze. Rino sta dando un contributo importante nella costruzione del Napoli, individuando i profili adatti alla squadra e parlando direttamente con questi calciatori per spingerli ad entrare nel suo gruppo di lavoro: è accaduto con Demme e Osimhen. La sovrapposizione di fatto delle stagioni ‘19-‘20 e ‘20-‘21 obbliga le società ad abbreviare i tempi per gli acquisti. Intanto, l’applicazione al lavoro e i risultati di Gattuso sono stati apprezzati da De Laurentiis, che ha dedicato elogi al tecnico e lanciato stilettate ad Ancelotti, arrivando a confessare che avrebbe dovuto congedare Mister Champions alla fine della prima stagione. Sarebbe forse bastato accorgersi dei malumori che crescevano sempre di più nello spogliatoio contro il titolatissimo allenatore e il suo staff – le identiche scene accadute al Bayern Monaco pochi mesi prima – e intervenire.