Inviato a Roma
Non è deluso né avvilito, Aurelio De Laurentiis.
Più che altro, dispiaciuto perché Koulibaly, con la
sua difesa, le sue parole, le sue frasi e i suoi ricordi davanti ai
giudici, lo hanno davvero colpito. Si aspettava un gesto di
coraggio dalla Corte di giustizia sportiva, un modo per restituire
l’onore perduto a un giocatore che per una sera si è
sentito in balia del becerume e dell’odio per il colore della
pelle. Ma il presidente del Napoli prende atto che la strada
è ancora in salita.
La squalifica di Koulibaly non è stata cancellata.
Un’occasione persa.
«Anche stavolta il sistema, inteso come organizzazione, ha
dimostrato di non sapere cambiare, e ha preferito punire la vittima
piuttosto che il carnefice. Se andiamo avanti così, il
calcio rischia seriamente di implodere, visto che questo è
il modo migliore per farsi del male da solo. Mi vergogno di essere
parte di questo sistema dal quale uscirò molto in fretta se
la Figc non adotterà misure drastiche, usando il pugno di
ferro contro il razzismo. E Koulibaly viene ancora più
umiliato da questa vicenda. Sono offeso per lui. La Corte
d’Appello ha invece preferito applicare le leggi, quando
avrebbe dovuto interpretarle: ed è questa una decisione che
è un’altra dimostrazione di cecità e di
immaturità».
Koulibaly ha colpito la stessa Corte raccontando la notte
di Milano.
«Era toccato, commosso, colpito nella sua personale
sensibilità, la sua e quella della sua famiglia. La sua
capacità espositiva è stata esemplare, perché
ha avuto dovizia di particolari. E mi spiace davvero che non sia
riuscito ad avere giustizia».
A San Siro non c’era: ma se fosse stato sugli spalti,
avrebbe ritirato la squadra o sarebbe cambiato
qualcosa?
«No, non avrei ritirato la squadra. Io conosco le debolezze
del nostro calcio e ho accettato di giocare con queste regole. Ance
se queste sono delle regole sbagliate. Ma questo non mi impedisce
di fare una battaglia affinché queste regole diventino
moderne».
From: Il Mattino.