Gernot Rohr, classe 1953, tedesco di Mannheim, ha giocato al San Paolo 32 anni fa. Commissario tecnico della Nigeria, è l’altro allenatore di Victor Osimhen, il 21enne attaccante che vuole conquistare Napoli.
Difensore del Bordeaux avversario del Napoli di Maradona nella Coppa Uefa 88-89, quella poi vinta dagli azzurri. Che ricordi ha di quelle due sfide?
«Sono intensi anche se sono trascorsi tanti anni. Avevo affrontato Maradona anche quando giocava a Barcellona, erano partite differenti da quelle di ora perché il confronto contro un avversario era realmente uno contro uno. Più delle gare contro gli azzurri, che andarono male per noi, ricordo quello che accadde nel tunnel dello stadio di Bordeaux: i giocatori del Napoli urlavano Diego Diego al loro capitano per caricarlo. Impressionante. E infatti vinsero. Indimenticabile, poi, l’atmosfera dello stadio di Napoli».
È stato l’allenatore di un’altra stella, Zidane, diventato adesso un suo collega di successo: cosa ha imparato da lei?
«Ho avuto Zinedine a Bordeaux, abbiamo giocato e perso la finale di Coppa Uefa del 1996 contro il Bayern Monaco, la squadra con cui tanti anni prima da calciatore avevo vinto la Coppa dei Campioni. Campione esemplare, Zidane era già molto interessato agli aspetti tattici durante le sedute di allenamento: avevo la sensazione che potesse diventare un grande tecnico. Non so se si sia ispirato a me: in base alla mia esperienza posso dire che un allenatore prende qualcosa da tutti i tecnici incontrati nella sua carriera».
Tra le stelle della Nigeria c’è Osimhen, un giovane che vuole sfondare a Napoli.
«Un grande calciatore, molto importante per noi e lo sarà ancora di più sopratutto grazie all’esperienza che potrà fare in un top club come il Napoli. Anche se giovane, ha tanta qualità e la farà vedere in Italia».
Victor è il nuovo Drogba?
«Non è ancora come Drogba, potrebbe diventarlo lavorando molto per esaltare le sue doti. Ho visto in Champions come gioca il Napoli, Victor potrà sfruttare gli spazi che creano i suoi nuovi compagni. È intelligente e preparato, sa adattarsi ai compagni e al sistema di gioco. Micidiale negli spazi, può giocare da prima punta o con un partner. Ha fisico e velocità, ottimo destro e sinistro e soprattutto grande feeling con il gol. Quando è venuta fuori la trattativa col Napoli, Victor mi ha chiesto cosa fare e io gli ho suggerito di parlare con l’allenatore: credo che con Gattuso ci sia già una buona intesa. Siamo felici di questa esperienza italiana di Osimhen, ma ricordo che c’è una buona rappresentanza di nigeriani in serie A: Troost Ekong, Ola Aina e Simy».
Colpisce la storia di Osimhen, un ragazzo cresciuto nei sobborghi di Lagos, giocando perfino a piedi nudi, e arrivato nel grande calcio. Qual è la differenza tra calciatori africani ed europei?
«I giocatori africani hanno una grande energia, non so se superiore a quella degli europei. Forse hanno più motivazioni perché vogliono uscire da situazioni di povertà che si vivono in grandi città come Lagos e in altre più piccole. Danno sempre il massimo perché interpretano il calcio come una sorta di riscatto: l’occasione giusta per fuggire dalla povertà».
Osimhen ha confessato il timore di trasferirsi in Italia perché c’è razzismo nei nostri stadi: potrebbe esserne condizionato?
«Non credo che questo rappresenterà un problema per lui, che ha già avuto esperienze in Germania, Belgio e Francia, dove vi sono state situazioni non facili. Lui è molto forte mentalmente».
Lei ha lasciato l’Europa dieci anni fa per allenare in Africa, partendo dalla nazionale del Gabon: è una scelta che rifarebbe?
«Sì, perché ho avuto la possibilità di vivere una esperienza meravigliosa in più paesi del continente, incontrando differenti lingue e culture. È un grande piacere lavorare in Africa e soprattutto in Nigeria. Ci sono tifosi gentili e simpatici, oltre che molto appassionati. E i giocatori sono molto disciplinati».
Qual è il livello della Nigeria?
«Abbastanza buono. Sfortunatamente la Under 23 non è riuscita a qualificarsi per le Olimpiadi ma c’è una nazionale maggiore di qualità, con margini di miglioramento. Il prossimo obiettivo è la Coppa d’Africa, poi ci sarà la sfida per la qualificazione ai Mondiali del 2022».
È ancora lontano il giorno in cui un Paese africano potrà vincere il Mondiale?
«Spero di no e vorrei poterlo vincere io, o comunque vedere la Nigeria conquistare la Coppa. Sarà possibile se tutti andremo nella stessa direzione, con una buona organizzazione di gruppo. Per ora, a causa della pandemia, il calcio nigeriano è fermo. Speriamo di ripartire tra un mese, intanto ci accontenteremo di vedere le partite dei campionati europei facendo il tifo per tutti i nigeriani che vi giocano».