Quanto accaduto mercoledì sera allo stadio San Siro nel corso di Inter-Napoli ha scatenato violenti polemiche. Al centro delle accese discussioni, che dal triplice fischio finale animano strade, piazze e vicoli, nonché programmi radiofonici e televisivi, non c’è ciò che è successo in campo e il conseguente risultato che ha visto soccombere gli uomini di Ancelotti per 1-0. La sconfitta brucia e fa ancora più male perché arrivata al primo minuto di recupero, dopo che il Napoli, già in dieci, aveva avuto l’occasione per uscire dal Meazza con i tre punti in tasca. Ma a far arrabbiare ancora di più i tifosi azzurri è la conduzione di gara dell’arbitro, quel Paolo Mazzoleni la cui designazioni per il posticipo di Santo Stefano aveva preoccupato anche De Laurentiis: «Con noi sempre cattivo e non imparziale», aveva commentato il presidente del Napoli.
E l’altra sera la tradizione negativa, iniziata con la finale di Supercoppa Italiana disputata a Pechino nel 2012, ha avuto una degna riconferma. Ma stavolta a Mazzoleni più che le sue sanzioni disciplinari, la doppia espulsione comminata a Insigne e Koulibaly, si contesta la mancata sospensione della partita a seguito dei cori razzisti di cui è stato fatto oggetto il calciatore senegalese fin dal fischio d’inizio. Cori che sono continuati per tutta la partita e per i quali Carlo Ancelotti ha chiesto più volte l’interruzione della stessa, restando inascoltato da parte dei giudici di gara. Se poi quegli insulti abbiano turbato il giocatore, fino al punto da sottolineare con un applauso il cartellino giallo mostratogli dall’arbitro al minuto 81 per un fallo su Politano, che ne ha determinato l’espulsione, non lo si può stabilire con certezza. Resta il fatto che l’arbitro doveva tutelare lo stato psicologico del calciatore, interrompendo il match, ma non ha avuto questa sensibilità. Ne ha mostrato buon senso dinanzi alla razione inopportuna di Koulibaly, applicando il regolamento alla lettera e mostrandogli il rosso.
Mazzoleni, però, non è stato altrettanto zelante quando dagli spalti del Meazza piovevano insulti razzisti all’indirizzo del senegalese. Una mancanza che sarebbe passibile di denuncia. Almeno ne è convinto l’avvocato Filippo Pucino, ex giudice sportivo del Comitato Figc della Campania, che ha annunciato un’azione legale nei confronti dell’arbitro di Bergamo: «Ieri sera ero allo stadio e, dopo aver visto quanto è successo, ho deciso di denunciare Mazzoleni e chiunque si sia reso responsabile di omissione d’atti d’ufficio – ha annunciato ieri, intervenendo al programma radiofonico “La Radiazza” in onda su Radio Marte –. Koulibaly è stato preso di mira da insulti razzisti ogni volta che toccava palla e l’ufficiale di gara aveva il dovere di sospendere la gara, pur se temporaneamente. In Italia questi comportamenti sono perseguibili secondo la legge Mancino, che punisce tutti gli atti razzisti, anche quelli commessi dai tifosi in uno stadio».
Sulla questione della legge Mancino non applicata negli stadi l’avvocato Pucino ha dedicato anche un post sul suo profilo Facebook: «Nella civile Milano. Inter-Napoli 26.12.2018. I tifosi locali, evidentemente razzisti, per tutta la durata della gara hanno assunto atteggiamenti di odio razziale verso il calciatore avversario. L’arbitro, residente a pochi chilometri dalla città ospitante il match, ha ritenuto che l’episodio non fosse grave – scrive il professionista –. Purtroppo tali manifestazioni continueranno a trovare dei protagonisti, sempre per questo atteggiamento di tolleranza, da parte degli arbitri e delle istituzioni del calcio. In Italia dall’aprile del 1993 vi è la legge “Mancino” che punisce le manifestazioni di odio razziale, con la reclusione. Rilevato che il DDG (Mazzoleni di Bergamo) ha omesso di sospendere la gara per fermare questi episodi di razzismo, anche e solo per poter identificare a mezzo riprese gli autori del reato, ha commesso reato per omissione di atti di ufficio». E conclude: «P.S.: il Ministro, leghista, della Famiglia, tal Lorenzo Fontana chiede l’abrogazione di tale norma».
From: Il Mattino.