Dalla partita con il Torino il tecnico si attende risposte definitive dai suoi. Nuovi passi indietro lo spingerebbero a divorziare dal club a fine stagione
La trasferta di Torino può cambiare il destino del Napoli in campionato e addirittura quello di Ancelotti a Napoli. Non mi riferisco, è evidente, all’immediato futuro, bensì alla scadenza di fine maggio: così come sono convinto che questa sia l’ultima stagione di Ronaldo alla Juve, non mi sorprenderei se, di fronte alla mancanza di risposte positive, Napoli-Lazio, ultimo impegno stagionale, segnasse la chiusura anticipata e consensuale del rapporto tra uno degli allenatori più vincenti di sempre e De Laurentiis. La partita di domenica, che precederà di poche ore Inter-Juventus, risulta già decisiva, se l’obiettivo è effettivamente lo scudetto: nelle prime sei giornate, 18 punti potenziali, il Napoli è riuscito a farsi distanziare di 4 dai campioni d’Italia e di 6 da Conte. Una sconfitta, ma anche un pareggio, prima della sosta, qualsiasi risultato possa uscire da San Siro, inciderebbe pesantemente sull’umore del gruppo e su quello della piazza, peraltro già abbastanza sfiduciata e diffidente, costringendo il Napoli-squadra a inseguimenti che, per quanto si è visto, non sembra in grado di produrre.
Dopo la faticosa vittoria sul Brescia Ancelotti, che è in possesso di tutti i parametri e della necessaria esperienza (è un formidabile “situazionista”) ha tentato di rialimentare a dovere il flusso di energia alzando i toni del richiamo, invitando i giocatori a una presa di coscienza del momento e delle aspettative di pubblico e società e prendendo decisioni impopolari (Insigne in tribuna). La risposta che ha ottenuto in Belgio è stata sconsolante: la squadra ha, sì, reagito raddoppiando l’impegno ma, oltre all’impegno, ha mostrato una sorprendente indeterminatezza. Il punto è questo: verificare in fretta se sia possibile ridurre le distanze tra il Napoli che ha battuto il Liverpool – concentrato, compatto, presente per 95 minuti – e quelli che sono andati via via riducendosi con Cagliari, Brescia e Genk.
Si è capito che questo Napoli, tecnicamente attrezzato, non è in grado di reagire in modo indipendente, difettando in personalità: Ancelotti potrebbe perciò essere costretto a semplificare i compiti per permettere ai suoi di ritrovare linee conosciute, più congeniali. Non ne faccio una questione di modulo, anche se al 4-4-2 ho sempre preferito il 4-3-3 trovandolo più nelle corde di Insigne, Allan e Callejòn: non riduco il discorso alla sola disposizione sul campo poiché nel corso della partita Carlo cambia spesso disegno e posizioni (Fabian il più coinvolto in questo kamasutra tattico), sospetto tuttavia che una maggiore stabilità potrebbe giovare a un gruppo che denuncia ancora ritardi nel processo di maturazione.
From: Corriere Dello Sport.