Dal virus, ai giudici, finendo alle accuse. Ma ora le due squadre cercano un futuro sereno
REGGIO EMILIA – Sembravano, lo erano, universi distanti: eppure sono ancora qua, entrambe, una contro l’altra, a guardarsi sospettose, eternamente rivali in quest’ultimo decennio in cui il calcio gli è spesso appartenuto. Juventus-Napoli, di nuovo, come a Roma nel maggio del 2012 o a Pechino, tre mesi dopo; come a Doha, dicembre del 2014 o come in quel braccio di ferro che nel 2018 finì in albergo, a Firenze, mentre Orsato dimenticava il secondo cartellino giallo nel taschino ed il Pipita entrava di diritto a San Siro nella categoria degli uomini dal “core ‘ngrato”. Come all’Olimpico, giugno 2020, la prima finale nel vuoto dolente d’una pandemia ma pure come in queste settimane, tante e anche troppe, lasciate lì a giocarsi a distanza quella partita fantasma, tra allusioni e norme e cavilli. Però ora che sono fuori dalla bolla, Juventus e Napoli avvertono – ognuna a modo proprio – l’esigenza di staccarsi da se stesse, da quell’immagine distorta che Pirlo ha avvertito domenica sera, nel gelo d’una partita sbagliata, insolita, depredata dall’autorevolezza (e persino dal cinismo) con cui le abbelliva Allegri, mentre Gattuso inseguirà una volta e per sempre le certezze che quella squadra gli concede e poi gli sottrae, con una imprevedibilità fastidiosa.
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C’è sempre, intorno a Juventus-Napoli, un clima effervescente e anche festoso, i ritagli della memoria che inevitabilmente trascinano alla belle epoque, Platini e Maradona, in cui il Potere venne messo sottosopra: e stavolta, pur nella nebbia d’una tristezza che avvolge, s’avverte questa sportivissima inimicizia che trasforma una partita in un duello. Juve e Napoli non le manda a dire, ti conquista a prescindere, si ciba di ciò che resta di quegli Anni 80, poi si evolve e sprigiona nuova energia, trasformandolo in veleno che si dissolve al triplice fischio finale. […]
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