DI fronte a un rendimento così incostante come quello del Napoli in questa stagione è normale, anzi, fisiologico, davanti all’inconcludenza di quelle fornite da dirigenti e calciatori, provare a ricercare risposte in altri campi della conoscenza. E siccome dopo il rigore sbagliato da Insigne mercoledì sera con la Juve non è stato facile tenere a bada gli istinti più animaleschi che il tifo sano comporta, non va mal giudicato il tentativo di trovare una risposta nelle filosofie e nei saperi più orientali, permeati di calma, meditazione e capacità di accettazione dello status quo. Così, nella speranza di riuscire a reagire agli errori di Maksimovic e Bakayoko con la stessa tumità di Budda, è normale credere che forse tengono ragione i buddisti quando dicono che non ci sta il Paradiso come ricompensa ma è oggi che si pongono le basi per le cose belle di domani.
Dunque le basi per la felicità o la sofferenza di ieri sono state poste mercoledì sera, alla fine della partita con la Juve. E considerata la situazione, ci si aspettava un Napoli bellamente guerrigliero in un campo così notoriamente ostile, e non solo calcisticamente, come quello scaligero. Dopo una sconfitta così bruciante, le lacrime del capitano, le promesse di revanche, nessuno si aspettava una resa così incondizionata come quella di Verona. E invece è accaduto. Dopo un gol acciuffato a nove secondi dal fischio d’inizio gli azzurri si sono spenti e consegnati senza alcuna resistenza al nemico. E la resa è stata così totale che nessuno si è salvato dal naufragio. Né i calciatori, né chi li ha messi in campo. Ormai però non importa di chi siano le responsabilità, ai tifosi importa solo una cosa: risalire e onorare la maglia. Almeno questo s’ po’ fa?