Niente Nazionale, allora in barca, destinazione Capri con moglie e figli. Sull’isola azzurra Josè Maria Callejon ha affogato la delusione per la mancata convocazione. L’ennesima, proprio quando sembrava scontata. Uno degli interpreti più significativi del tiki-taka azzurro a trazione spagnola, costretto a restare a casa. Eppure l’eco delle sue grandi prestazioni è notizia d’attualità in Spagna, oggi più di quando giocava nel Real Madrid. Tra i “blancos” faceva la spola tra campo e panchina, pur essendo un pupillo di Mourinho che lo impiegava indifferentemente da ala destra, interno di centrocampo o esterno di difesa.
Per i compagni di squadra è Calletì: non altissimo (1,77), magro, capelli impomatati all’indietro come un perfetto torero, soprannominato in patria l’architetto, per la capacità tattica che possiede nello stare in campo, ago della bilancia in grado di garantire equilibrio tra fase difensiva e offensiva. Deve molto a Benitez, che lo volle a Napoli l’estate di quattro anni fa. Deve tantissimo alla maglia azzurra che l’ha aiutato a riconquistare la Nazionale: richiamato da Del Bosque, ha collezionato tre presenze nella “Roja”, l’ultima undici mesi fa. Deve poco o nulla a Lopetegui, il ct spagnolo subentrato proprio a Del Bosque che dopo aver chiamato una volta l’attaccante del Napoli, l’ha poi escluso: «Una buona pedina quando è in forma, dipende dalle esigenze della Spagna». Così il tecnico basco, tra lui e i madridisti c’è poco feeling ma non saranno questi i motivi che hanno tenuto lontano Callejon dalla sfida del Bernabeu contro l’Italia che vale un Mondiale.
«Mi sarebbe piaciuto giocare contro Insigne»: alla vigilia il torero l’aveva inquadrata così, speranzoso di misurarsi con l’amico napoletano, per una volta tanto uno di fronte all’altro visto che insieme disintegrano le difese avversarie. Ci sarà soltanto Pepe Reina della comitiva azzurra, uno in forma come Callejon avrebbe fatto comodo alla Spagna che sulla fascia destra lamenta poche alternative, almeno così dicono da quelle parti: meglio per noi, per l’Italia.
Numeri più o meno recenti lo hanno incoronato leader del Napoli: 47 presenze e 13 reti nella passata stagione, 4 partite e un gol in questo avvio, i quasi quattromila minuti in campo (in dodici mesi) ne fanno il calciatore più utilizzato, solo una volta è partito dalla panchina, contro lo Spezia in coppa Italia. Dal 2013, anno del suo arrivo ha saltato due gare, con il Sassuolo in campionato per squalifica e con il Villarreal in Europa League per scelta tecnica. Ecco le cifre straordinarie dell’Alexei Stakanov del Napoli, l’uomo in più di Sarri come lo era stato per Benitez.
Josè da Motril ha un modo di giocare che tutti conoscono e temono. Lo sanno ma quasi nessuno lo limita. La bellezza del suo stare in campo è nell’anticipo, nel prendere di spalle chi lo fronteggia. È come se avesse un orologio negli occhi e nel piede, gli basta un secondo per piantare il dirimpettaio, il tempo di scattare, attaccare, tirare e pure segnare. Vede dove gli altri sembrano essere ciechi, battezza lo spazio e te lo ritrovi già davanti al portiere. Il resto è cuore, forza di volontà incredibile e due polmoni grossi come palloni gonfiati («Merito di papà se ho un fisico del genere»).
Acuto interprete del tridente napoletano: sta bene a destra e a sinistra, quando si sacrifica in fase difensiva e quando divora la fascia, sta a proprio agio davanti alla porta, a volte si traveste da centravanti perché sfugge al radar dei difensori e quando riappare è ormai troppo tardi per fermarlo. Difficilmente si sbraccia nel chiamare palla, avverte il momento giusto, scatta e riceve il passaggio perché gli altri sanno che in quell’attimo, in quel posto, arriva Josè come un treno. Appare e scompare, uno strazio per i rivali, un giochino per i compagni. Dialoga con le espressioni del viso lungo, inveisce e dispensa smorfie quando viene scalciato da dietro, e capita spesso perché altrimenti non lo fermi. Protagonista del nostro campionato, non per Lopetegui che lo ha fatto fuori dalla Nazionale. Una delusione per Calletì che ricarica le pile tra Capri e Posillipo dove vive da pascià, nello spogliatoio pare un tipo quasi defilato che detta legge con gli sguardi, un leader silenzioso nella corrida del campo, faccia da scugnizzo e fisico da torero.
From: Il Mattino.