Inviato a Castel di Sangro
Carpe diem. «Io devo sempre pensare positivo. E penso sempre positivo». Carpe diem, la centralità del tempo: «Adesso devo solo concentrarmi sulla grande occasione che mi offre il Napoli, deve lasciare un segno adesso, una impronta, non posso pensare a quello che potrà succedere tra qualche anno se farò bene qui». Carpe diem: «So che non è facile far dimenticare Koulibaly, ci devo provare. Davanti alle varie circostanze in cui la vita ti mette, non si può non pensare in positivo e pensare di farcela». Kim Min-jae afferra l’attimo, come il gigantesco tatuaggio che ha impresso sul petto. Orazio avrebbe inesorabilmente aggiunto: «Quam minimum credula postero» ovvero «confidando il meno possibile nel domani». Ed è proprio la sua filosofia di questo coreano dal faccione assai simpatico, anni e anni di rigida vita militare nel suo Paese, primo asiatico nella storia del Napoli e terzo coreano ad approdare in serie A. E per ricordarsi del segno lasciato dagli altri, Ahn Jung-hwan del Perugia e Lee Seung-woo dell’Hellas Verona, bisogna fare un bel po’ di fatica. Anzi, parecchia. Un coreano in Italia fa sempre un certo effetto anche se ormai è finito nell’oblio il più famoso dei dentisti coreani (sia pure del Nord), Pak Doo-Ik, che nel 66 rimandò a casa l’Italia ai mondiali inglesi (almeno in quegli anni ai Mondiali l’Italia ci andava…).
Kim Min-jae, vero che poteva finire al Rennes?
«Non lo so, so solo che appena ha chiamato il Napoli ho detto: il Napoli è il Napoli e io voglio andare a giocare lì. Sono stato subito molto attratto da questo club, dalla storia di questa squadra e dai suoi tifosi che per calore e passione ricordano quelli del Fenerbahce da dove arrivo».
Era, la nostra, la terra di santi, navigatori e difensori. Ce ne sta uno che ammira?
«Il mio riferimento è stato sempre Sergio Ramos, tra gli italiano sono cresciuto guardando Fabio Cannavaro».
Perché quel tatuaggio carpe diem?
«Per pensare positivo di fronte a tutte le circostanze della vita, in ogni scenario. Non solo per le cose che avvengono su un campo di calcio, ma in ogni aspetto».
Ci pensa: deve sostituire Koulibaly. Un peso?
«Certo, l’idea di essere qui per prendere il suo posto un po’ di tensione la fa venire. Ma lui uno di quel livello è praticamente insostituibile, io non lo sostituisco e nessuno può farlo, ma farò del mio massimo per giocare al meglio e per fare sempre il mio dovere. Ogni giorno, a ogni partita».
Cina, Turchia e ora l’Italia. Una crescita vertiginosa.
«Sono felice di questo ma le prospettive future non riesco a immaginarle. Non penso alla mia crescita, ma a lasciare un’impronta su questa squadra. So che anche Hamsik ha parlato bene di me. Ne sono lieto. Ma quello che conta adesso è quello che farà, non quello che viene detto».
Come ama giocare?
«Credo di essere forte in copertura, mi trovo meglio sulla parte di destra, ma ho l’impressione che con Spalletti dovrò pensare anche a giocare a sinistra, come ho fatto in questi giorni in allenamento. E non è un problema. Io mi sono sempre adattato alle strategia che mi propongono gli allenatori».
Come hai trovato lo spogliatoio come carattere e motivazione?
«Il morale è buono, nonostante le partenze, ho trovato un bell’ambiente. E l’altra sera ci siamo divertiti con quel mio balletto e cantando Gangnam Style. Ho dimostrato anche io di essere pronto, di essermi ambientato e di avere voglia di iniziare questa stagione».
Impressione in questi primi giorni di ritiro?
«È un momento di crescita, è bello affrontare attaccanti come Osimhen in allenamento e tenere ritmi così alti».