Cristiano Giuntoli, 50 anni, fiorentino, ha vissuto una modesta carriera da difensore ed era un direttore sportivo di provincia (Carpi) quando nell’estate del 2015 arrivò la telefonata di Aurelio De Laurentiis e Andrea Chiavelli. «Pensavo che volessero chiedermi un mio calciatore e invece…». E invece Giuntoli, se arriverà alla scadenza del contratto rinnovato fino al 2024, sarà il dirigente sportivo ad aver lavorato più a lungo nel Napoli, anche in quello pre-ADL: nove stagioni.
Dopo i colpi esplosi nelle ultime ore sul mercato riceve elogi, eppure in ritiro avevano colpito le sue bugie. Aveva detto che il Napoli aspettava la risposta di Koulibaly a un’offerta di 6 milioni per il rinnovo e invece Kalidou si era già legato al Chelsea. Aveva detto che la società non aveva trattato Dybala perché non sarebbe stato adatto allo schema di Spalletti - 4-3-3 e non più 4-2-3-1 – e invece è arrivato Raspadori che giocherà appunto nel 4-2-3-1. Ma nelle logiche (e nelle bugie) del mercato può starci tutto. Quello che conta è che Giuntoli, affiancato da Giuseppe Pompilio (suo collaboratore già a Carpi) e da Maurizio Micheli (capo dell’area scouting), abbia – quasi – completato il Napoli, seguendo il diktat della proprietà. Netto taglio agli stipendi, rosa ringiovanita, qualità – almeno apparentemente – mantenuta. E soprattutto il risveglio dell’attenzione popolare.
Giuntoli ha scelto il difensore coreano Kim e il centrocampista Ndombele (quest’ultimo tesserato con la stessa formula di Anguissa: prestito e riscatto dopo dodici mesi), ha tenuto al fianco di De Laurentiis la barra dritta nella trattativa col Sassuolo per Raspadori, ha preso Ostigard per completare la difesa e ha convinto Simeone ad accettare il ruolo di vice-Osimhen. Una rivoluzione silenziosa e vera, con incoraggianti prospettive per la squadra che il dirigente segue da sette anni, primo campionato di Sarri. Quattro i tecnici, quello con cui i rapporti sono stati più complessi è stato Ancelotti: sembra che fu Giuntoli, che segue quotidianamente la preparazione della squadra, a dare il parere decisivo per l’esonero di Mr Champions nel dicembre 2019.
Con Spalletti, come con Sarri, è stato facile intendersi anche per le comuni origini toscane. Con De Laurentiis, alti e bassi. Le tensioni più forti nel gennaio 2021, quando in panchina c’era Gattuso. Il patron licenziò il ds del Bari, Romairone, legato a Giuntoli e sondò altri ds per il Napoli. Poi prevalse la stima per il capo dell’area tecnica, peraltro legato da contratto milionario fino al ’24, difficile dunque da rimuovere senza colpo ferire. Il ds ha peraltro capito come è fatto il suo presidente e cerca di mettersi in disparte quanto più è possibile. In ritiro ha partecipato a un paio di conferenze e probabilmente ora si eclisserà. Parola al campo, adesso i protagonisti sono altri.